Questo è uno di quei libri dei quali non puoi aspettare neppure un nanosecondo a buttarti in tuffo carpiato e scriverne la recensione, con l’anima ancora tiepida delle emozioni appena vissute.
No non si può aspettare perchè trabocchiamo come il latte che bolle oltre il dovuto.
Tre di Valerie Perrin: è quasi superfluo citarlo perchè quotidiani, periodici e ogni canale tv esibiscono il bel faccino della Perrin senza sosta e le lodi non le mancano. Succedeva anche con l acqua per bagnare i fiori ma in quel caso avevo un sacco di perplessità su Madame Lelouch, perchè la storia mi era sembrata una favoletta melensa da libro rosa, con una protagonista azzeccata ma del tutto insufficiente a conquistare l’onore delle top.
Ma davanti a Tre, ho uno scossone. Salto di qualità e quantità. 600 pagine in cui ti senti acciuffato e imprigionato dalla storia di 3 ragazzini: Nina, Etienne e Adrien- uni e trini- che si conoscono in quinta elementare, si amalgamano come gli ingredienti di un soufflè, sono indistinguibili l’uno dall altro, si muovono come un’entità unica, amata dalle rispettive famiglie, invidiata ma rispettata dai compagni nella piccola scuola di una provincia francese, come ne abbiamo viste in tanti film e libri da Simenon in giù.
Che dico? Da Zola in giù, infatti ad un certo punto Etienne dirà a Nina: la tua vita sembra scritta da Zola.
Ho ascoltato e letto le infinite interviste dell’autrice che con i suoi sfavillanti occhi neri ti conquista nel raccontare come le idee per costruire questo indimenticabile trio le siano sgorgate di getto. I bambini diventano adolescenti, poi uomini e donne, ma ciascuno ha le sue avventure di vita e non si lasciano mai se non perchè costretti da eventi sconvolgenti. E comunque si ritrovano sempre.
Sino al coup de theatre che non vi svelerei nemmeno sotto tortura.
Valerie Perrin ha il dono di coniugare in questo libro un potente magnetismo che ti incolla alla pagina nonostante lo sbalordimento che a volte ti disorienta, alle tenerezze e all’umanità dolcissime con cui modella i personaggi – li sbozza giorno dopo giorno da marmo grezzo – e il contorno di cui fanno parte, famiglie, amici, compagni. Alla fine ci lascia così in quel limbo in cui si ondeggia come pesci in un acquario, quando un libro ti piace molto e sei disturbato dall’idea di separartene, anche se 600 pagine sono un po’ lunghette e rimpiangi che non siano 700.
A mio avviso un ottimo libro e una grande crescita spirituale e professionale di Perrin.
Sergio dice
Come si fa a non leggerlo?