Questa volta mi voglio compromettere. Ho appena finito di leggere “ Lo specchio delle nostre miserie” – mirabile titolo- il terzo volume della trilogia di Pierre Le Maitre, inaugurata con “Ci rivediamo lassù”, Premio Goncourt nel 2013, e proseguita con “I colori dell’incendio”, confermando Pierre Lemaitre come uno dei grandi maestri della narrativa mondiale. E ho il sospetto che quest’opera sia la migliore delle tre.
I celebri “coup de teatre” di Le Maitre: abilissimo nel lasciarci senza fiato, questa volta è davvero inimmaginabile, dopo le bizzarrie del cavallo precipitato nella buca del soldato e i cadaveri rattrappiti nelle bare troppo piccole del primo libro. o il tuffo a capofitto del nipotino sul carro da morto del celebre nonno, uno dei maggiorenti francesi del secondo. Qui, dopo poche pagine, si resta davvero basiti e con un inedito exploit, l’autore inizia uno dei capitoli più drammatici della nostra Storia.
Qui si tratta di “questa drole de guerre”, che non comincia mai. Siamo nell’aprile del ‘40 i francesi si stanno scapicollando per costruire quella che è nota come Linea Maginot, una fortificazione a loro dire inespugnabile, per bloccare l’avanzata dei tedeschi, i quali la polverizzeranno in un fiat. Il libro ha molti protagonisti, le sue storie s’intersecano a formare un perfetto tessuto collettivo. La prima ad apparire è la trentenne Louise, che fa la maestra e il sabato dà una mano nel ristorante del signor Jules, che l’ha vista nascere a Montmartre, dove non si spettegola d’altro che di questa strana guerra che ha visto i tedeschi sbarazzarsi in pochi giorni della Polonia, ma che certo, -ovvio, no? per dei sciovinisti come i francesi – non riuscirà mai a mettere piede in Francia.
Proprio nessuno immagina che di lì a pochi giorni si sarebbe trovato in un mare di gente che non ha previsto la catastrofe ed è costretta alla fuga, fra milioni di persone sbandate, in preda al panico, in un paese precipitato fulmineamente nel caos. Un corteo grandioso e squallido di eroi e di mascalzoni. Durante questa fuga di massa rocambolesca, Louise ricostruisce il suo passato, i suoi segreti di famiglia e qui vediamo saltar fuori come conigli dal cilindro alcuni indimenticabili personaggi dei due libri precedenti, di quel grandioso affresco che, poco alla volta, Pier Le Maitre aveva dipinto magistralmente con rara potenza narrativa in un accavallarsi di sventure e disavventure, con perfetta padronanza della trama.
Questo lungo esodo avviene mentre Parigi, ormai dichiarata Città Aperta come Roma, cioè una città ceduta per un accordo esplicito fra le parti belligeranti, allo scopo di evitarne la distruzione: mentre il governo se la svigna a Vichy, ci cattura rapidamente e ci fa seguire con i fili conduttori del plot sapientemente orchestrato, in un’alternanza di vicende personali e collettive. Passando abilmente dalle vicende belliche -spesso rese farsesche- alle vicende sentimentali che attenuano la potenza angosciosa, dalla commedia degli inganni alla satira politica.
La Francia che si guarda allo specchio nella primavera del ‘40 è un Paese costretto ad abbandonare ogni illusione di grandeur bellica, un popolo in fuga che mette in scena un esodo biblico in cui tutte le migliori e peggiori caratteristiche dei singoli sono amplificate. Il finale, pur compiuto, lascia la curiosità per altre storie potenziali, cui forse un giorno l’autore metterà mano.
I protagonisti si intrecciano dando vita a storie parallele per trovare nell’epilogo il loro incontro. sfollati in fuga, un’umanità divisa in vari ruoli (opportunisti, altruisti, idealisti e truffatori senza scrupoli), un ritrovo concentrico di tutti i protagonisti dentro un campo profughi. Le Maitre sa veramente scrivere in un stile quasi classico, i suoi libri sono avvincenti e non mancano di un buona dose di ironia. Le vicende drammatiche della seconda guerra mondiale vengono descritte con tono disincantato e a tratti irriverente.
Lo specchio delle nostre miserie condensa così in sé tutto il significato del percorso letterario di Lemaitre, voce di spicco della narrativa contemporanea capace di spaziare dalla storia del Novecento al noir: una profonda riflessione à rebours sul viaggio della Francia e sui mutamenti che l’hanno cambiata e resa quella ciò che è oggi. Un Paese che in questo libro si guarda allo specchio e scorge impotente tutte le miserie della propria condizione: il compromesso, la bassa politica, l’eroismo vuoto innalzato dalla classe dirigente per coprire l’abisso aperto dai morti.
Ma qui, se possibile ancor più che nei due precedenti romanzi, l’autore dà vita a una giostra colorata di personaggi che ci appaiono più trasversali sul piano sociale e umano. Ma ciò che infine mi ha più toccato è stata la postfazione, in cui Le Maitre rivela che TUTTO ciò che ha scritto è VERO e documentato. E questo sono certa che nessuno di noi se lo sarebbe aspettato. Un romanzo, quindi, che mi ha suscitato forti emozioni e che mi porterà a rileggere i primi due romanzi della trilogia.
Sergio dice
Vista la recensione come faccio a non leggerlo?
Sei maestra quando decidi di invogliare qualcuno a leggere un libero che ti ha emozianato
Sergio dice
Lo sto leggendo e mi ritrovo in pieno nella tua recensione, vedremo andando avanti