Ma perché ci diciamo delle bugie? Dopotutto a Natale ci sono anche tante belle discussioni e recriminazioni.
Come per il tacchino del Ringraziamento in Usa, no?
Fra poche ore arriva la Befana e si porta via, come suo annoso compito, tutte le feste. A me non è affatto simpatica e in famiglia non abbiamo mai festeggiato questa vecchia barbogia. Tuttavia mi sembra opportuno che lei si metta nella cesta e ci tolga d’impiccio tutto quello che è successo in queste vacanze. Perché, diciamocelo, non è tutto oro quel che luccica.
Tenete presente che del Natale e annessi e connessi io sono una delle maggiori fautrici. Un sacco di gente amica mia comincia a smadonnare intorno a Sant’Ambrogio e smette almeno due o tre giorni dopo l’Epifania, quando tutti gli addobbi sono stati riposti in soffitta o in cantina, quando ha ricevuto gli esiti dell’esame del colesterolo e le si sono appannate le lenti, quando la banca ha mandato l’estratto conto di fine dicembre e con un sospiro si conclude che sì, abbiamo speso parecchi quattrini, ma riusciamo ancora a stare a galla.
Ma io no, io aspetto con gioia il Natale e seguo tutte le istruzioni.
E guardate che non parlo di chi come Fedez & company è andato alle Maldive senza cucciolo, e neppure di chi a Saint Moritz sta ondivagando sui campi di sci, e neppure di chi sta sotto i portici della Stazione Centrale per proteggersi dal freddo e non accetta l’invito del sindaco ad andare nei luoghi di accoglienza perché non vuole perdere il quadrato della grata su cui sta, al calduccio per il passaggio del metro. No, sto parlando della gente comune che si arrangia a superare dispendi e grassi ed eccessi di proteine, e tira un sospiro di sollievo del tutto proporzionato alle aspettative che aveva e che sono state irrimediabilmente deluse.
Ecco, il problema sta proprio qui. Le aspettative. Perché ce la mettiamo proprio tutta per aspettare con fervida ansia il Natale, le dolcissime melodie che sciolgono il cuore, il camino acceso, i pacchetti ben confezionati alla base dell’albero, la stella cometa dietro la capanna del presepe che illumina debolmente i Re Magi e il Bambinello nella mangiatoia, San Giuseppe descritto sempre come un vecchione mentre era nel fulgore della sua gioventù, la Madonna con le mani congiunte piamente al viso dalla commozione.
E poi c’è molta gente che ha attraversato nazioni e continenti per andare a ricongiungersi con la famiglia e che vibra di gioia al solo pensiero. Però. E’ una mera questione di chimica. Tutti gli elementi presenti congiurano a surriscaldare l’atmosfera, ciascuno ci mette del suo e spesso esplodono tanti piccoli fuochi, quando non la grande esplosione, che separa famiglie per un anno, perché poi col passare del tempo non ci si ricorda e si torna a sperare nella grande bellezza del Natale.
Il fatto è che la convivenza genera sempre attriti e nervosismo per cui spesso ho avuto resoconti poco gratificanti, che mi hanno portato alla mente certe scene ben descritte nei film di Jodie Foster o di Woody Allen intorno al tacchino del Ringraziamento, luogo deputato al riemergere di tutti i rancori pregressi e futuri delle famiglie.
Niente di grande, intendiamoci, ma quanto basta per sperare che nelle prossime vacanze seguiremo l’esempio di Fedez e andremo alle Maldive. E poi chi se ne frega se gli altri si dispiacciono. L’importante è salvare il fegato e il cuore.
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