Come riuscire a sbarazzarsi di quella pesante zavorra dell’insicurezza e vivere felici.
Studi recenti di rispettabili cervelloni di Harvard hanno fatto emergere una novità: pare che la delusione di sentirsi rifiutati procuri un’emozione negativa così forte da superare la profonda soddisfazione di sentirsi accettati. Sembra un gioco di parole ma in realtà non lo è. Proviamo a ricordare le nostre personali esperienze: anche se siamo state molto amate – e la cosa non è frequentissima – è assai probabile che non ricorderemo i momenti felici, ma quelle poche occasioni –o, per carità, anche molte- in cui ci hanno mentito-tradito- bistrattato con parole che sembravano colpi d’ascia.
Va tutto misurato col bilancino dell’alchimista ovviamente e dobbiamo ricordarci con una certa dose di humour che sta diventando una moda sottolineare che i single se la svangano molto meglio degli accoppiati. Mentre in realtà noi siamo programmati per la relazione, l’uomo è un animale sociale, l’hanno stabilito secoli fa filosofi di tutto rispetto e lo stare insieme, raccontarci a vicenda le nostre storie, pare sia un’attività deliziosa quanto il cibo e il sesso.
Per cui se qualcuno ci rifiuta, da solo o in gruppo, andiamo in tilt. Piacere agli altri è l’equivalente per un lupo, o per ogni altro essere vivente, di essere accettato dal branco, perché ci consente protezione e dunque una migliore qualità di vita. E sembra anche che aumenti le difese immunitarie!
Il fortissimo desiderio di essere accettati dagli altri è sano e naturale e più che legittimo, ma è anche un’arma a doppio taglio se diventa qualcosa di vagamente maniacale, perché dimostra che la necessità diventa eccessiva e il dare troppo peso alle opinioni degli altri ci rende miopi nei confronti di noi stessi e dei nostri sentimenti. Diventiamo ipocriti e insicuri e a questo punto è urgente spezzare il circolo vizioso di questa situazione. È come se censurassimo la nostra spontaneità per ottenere consenso sociale.
Nel mondo anglosassone hanno addirittura coniato un termine allarmante: il cosiddetto people pleaser. Da noi, in modo più ruspante, forse diciamo “il piacione”. Il risultato è che si diventa così insicuri da farne un boomerang e da non piacere più a nessuno. Non parliamo dell’effetto sui social, dove il bisogno di sentirsi al centro dell’attenzione degli altri corrisponde alla certezza di essere amati, di valere qualcosa e di “essere e sentirsi ok”.
Se la società ci invia di continuo messaggi sull’importanza di essere belli, sfacciati, ricchi e giovani, anche un brufolo ci manda in crisi. E poi il bisogno eccessivo di approvazione altrui induce a guardarci con un occhio troppo critico, immaginando ogni piccolo difetto come se fosse visto e deriso dagli altri e ingigantendolo in maniera insopportabile.
Invece non funziona così. O meglio, non dovrebbe funzionare così. Bisogna avere il coraggio di accettare la disapprovazione altrui pensando che non sono i giudizi degli altri a determinare il nostro valore o la nostra disfatta sociale, ma soltanto ciò che NOI pensiamo di NOI: perché è indispensabile ricostruire un rapporto più sano con noi stessi.
Essere sicuri di sé indipendentemente da quello che gli altri pensano. È la via regia. La sicurezza genera rispetto e nel momento in cui gli altri capiranno quanto poco conti il loro giudizio su di noi, tale giudizio andrà alle stelle automaticamente. Vertiginosamente. Poiché l’insicurezza è un boomerang, occorre sbarazzarsi del timore degli altri e fare emergere prepotentemente la propria forza d’animo.
Domenico dice
Vero, condivido: l’ insicurezza è un boomerang. Devo dire che fortunatamente il timore degli altri mi ha forse sfiorato da adolescente, ma proprio sfiorato. Poi, ma penso sia questione di carattere, l’ esigenza di essere accettato non ha fatto parte e non fa parte delle mie priorità ( leggasi non me ne può importare di meno ). Meglio essere stimati che accettati e spesso le due situazioni non sono correlate ma viaggiano su linee divergenti. Individualista? Forse, ma mi va bene così.