Di cani, nella letteratura ce ne sono stati tanti, dal meraviglioso Buck di Jack London a Millie, che la first lady Bush ha fatto diventare l’Io narrante di un libro di enorme successo popolare. Tuttavia credo che la grande tenerezza suscitata da Finn, il cane vecchio e artritico del libro “ Il weekend” di Charlotte Wood, una delle più importanti scrittrici australiane contemporanee – sia davvero indimenticabile.
Finn è il quinto personaggio di una storia davvero molto bella, piena di profondità, che racconta la vecchiaia con sincerità e realismo straordinari. Un inno all’amicizia: ci sono conflitti, bugie, rancori, verità non dette che emergono, insieme a un brillante umorismo e a un’inquietudine tipiche dell’età matura.
Per tutto il tempo della lettura ho avuto la nettissima la sensazione di assistere a un film, piuttosto che di leggere carta stampata, tanto la brava Wood ha dato spessore alle parole, da renderle tridimensionali. La trama è semplice e rispetta le tre unità aristoteliche di tempo-luogo-azione. Jude, Wendy e Adele, tre donne settantenni, hanno un malinconico compito: svuotare la vecchia e cadente casa delle vacanze di Sylvie – che è morta da un anno- una casa dove anche loro avevano vissuto e cementato il loro rapporto quarantennale.
Le sensazioni delle tre donne sono strane, quasi imbarazzate, sicuramente non affettuose e presto si capisce il perché: era Sylvie a tenerle unite e in equilibrio tra loro. Jude, ex chef è precisa e severa, non si lascia mai andare; Wendy, celebre saggista, piuttosto sciamannata, è spesso tra le nuvole e si ostina a portare ovunque il vecchio cane Finn; Adele sogna ancora un futuro da attrice ed è in perenne attesa dell’occasione giusta.
Così, durante un caldo e piovoso weekend sulla costa australiana – SIAMO A NATALE- mentre il fantasma di Sylvie appare alle tre donne in luoghi e momenti impensabili, emergono conflitti e antichi rancori, segreti e tradimenti.
E’ un romanzo a tratti duro, quasi spietato, ma anche esilarante, che ci fa capire come i valori che ci accomunano, i sentimenti e le sensazioni che ci fanno soffrire, siano universali.
Si prova infatti una profonda empatia con la sensibilità della scrittrice, che sa leggere fino nel profondo delle personalità delle protagoniste di questa storia facendole sentire vicine, sorelle, amiche nella loro complicata a e sofferta avventura di vita. Un lungo weekend natalizio che parte come una vacanza e si rivela una feroce resa dei conti fra tre persone tra schermaglie, discussioni, ingiurie, fino a che capitano proprio la sera della vigilia due ospiti inattesi.
Il dramma scoppia contemporaneamente a uno tsunami che colpisce la casa e l’equilibrio tra le tre amiche. La luce va via, il mare si solleva, il vento soffia pauroso, lasciando le tre donne sole in mezzo a una tempesta di verità scomode, di rimozioni, di scoperte dolorose.
Il tema portante del romanzo, che Wood racconta con ironia e sincerità, è la vecchiaia. Il corpo, che tradisce.” Jude non poteva permettere all’insolente inadeguatezza del suo corpo di rallentarla”: la maniaca del controllo, algida, pungente, che guida i lavori del weekend con piglio militare: eppure appena sotto la superficie nasconde da sempre fragilità e attenzioni verso gli altri che non sa esprimere a parole. Jude, raffinata, attenta alle apparenze, che non ha mai esplicitamente ammesso con nessuno, nemmeno con le sue amiche, di vivere da tutta la vita il ruolo dell’amante. Wendy, l’intellettuale, femminista, vedova del grande amore della sua vita. I figli lontani, emotivamente, da tutta la vita. Il cane Finn, di cui si prende cura – facendo impazzire soprattutto Jude, ostinatamente decisa ad ignorarne la presenza. Le fragilità del corpo e dell’anima, che Adele nasconde dietro i sorrisi e l’allegria forzata, nello sforzo di ingannare il tempo, nell’attesa che torni ancora la sua occasione di dominare la scena, come quando era una giovane promessa del teatro. Sono tre donne che fanno i conti con i propri fantasmi e con quello di Sylvie, che a volte s’identifica con quel povero vecchio cane dallo sguardo vuoto eppure intenso intenso.
Cosa nascondiamo a noi stessi, quindi? La maschera che indossiamo, il volto che mostriamo agli altri, che cosa resta una volta che ce ne liberiamo, che ci spogliamo di finte sicurezze, sorrisi tirati, stereotipi e perbenismo? Restano tre donne, un’amicizia che nonostante tutto va avanti da tutta la vita.
Ma c’è alla fine anche quel senso di possibilità, di cambiamento in queste settantenni, che hanno alle spalle più vissuto di quanto potrebbe restare loro davanti, ma che sono ancora pronte a mettersi in gioco, a sentire che c’è una nuova possibilità. L’ambientazione è fondamentale ai fini della storia, in tutte le sue sfaccettature: Natale, un’estate soffocante, in una cittadina australiana in riva al mare. Un luogo tranquillo e bello, che rappresenta per le tre amiche il loro passato, pieno di gioia e semplicità. Un luogo trascurato e lasciato andare, che risente totalmente della mancanza della padrona di casa, colei che si occupava che tutto andasse bene. La mancanza dell’apporto di Sylvie alla dinamica pacificatrice aiutava ognuna di loro a stare bene con sé stessa.
“Di una cosa nessuno parlava mai: di quanto la morte potesse rendere meschine le persone. E del fatto che dopo un lutto bisognasse ricalibrare le amicizie, muovendosi intorno al vuoto lasciato da chi non c’era più, e di come tutt’a un tratto non si sapeva più come stare insieme”.
Si tratta di un romanzo particolarmente introspettivo, perciò persino i dialoghi, seppur presenti, vengono soppiantati dai tantissimi, pensieri taciuti alle altre. Credo che ci sia un po’ di loro in ognuna di noi, nostalgia e sogni come in Adele, serietà come in Jude, rifiuto per l’apparenza come in Wendy. Sylvie aleggia nel romanzo come uno spirito guida.
Finn, che chiede con occhi imploranti di lasciarlo andare, incarna il simbolo della grande stanchezza che molte volte si insedia nella vita. Ma il romanzo termina con una gioiosa onda, che arriva con passionale violenza, e solleva le tre amiche, che, dopo essersi strette forte le mani, vagano libere e ancora colme di speranze per l’oceano mare.
Anna Ottolenghi dice
Dopo avere letto la tua recensione ,mi sembra molto difficile trovare altre cose originali da dire oggi pomeriggio.
Hai fatto un ottimo commento che condivido completamente,anch’io ho avuto la sensazione di trovarmi di fronte a una pièce teatrale e nelle tre protagoniste ho trovato una parte di me stessa e dei rapporti con le mie amiche di sempre.Questo mi ha indotto a ripensare ai legami di amicizia e a come si erano trasformati nel tempo.Ho riflettuto sulla rigidità di certi atteggiamenti e delle sue conseguenze.
Per riassumere l’hotrovato un buon libro.