Il mio personale omaggio all’Otto Marzo consiste nel fare un piccolo cocktail di libri femminili e parlarvene. Non tutti sono splendidi: ma vogliono testimoniare la massiccia presenza delle donne nella letteratura che non ha precedenti e che si allinea con tutti gli altri settori della Terra e del Cielo. Ho sempre fatto grandi feste in questa data, che mi commuove e che nessun sfottò maschilista mi svuota della sua pregnanza. E forse non sarebbe neppure il caso di sottolinearlo, basterebbe dare un’occhiata al “parterre de rois” di Bruxelles.
Ma torniamo a noi, cominciamo il Cocktail Mimosa con Silvia.
Silvia, ricordi ancora quel tempo di tua vita mortale….Questi versi spesso mi risuonano nella mente, anche se li ho studiati molto tempo fa. E’ per questo che ho tenuto d’occhio Silvia Avallone fin dal suo ottimo esordio con “ Acciaio”, nelle sue successive opere, molto alternanti, e finalmente l’ho vista arrivare all’apice di una carriera, di cui avevo preconizzato il successo, avendo notato dopo sei soli mesi da “Acciaio” che firmava elzeviri sulla prima pagina del Corriere.
L’ultimo libro si chiama “ Un’amicizia”. No, non “L’Amicizia” come la vuole Cicerone, ma “questa” particolare amicizia così tumultuosa da non potere essere facilmente paragonata a tante altre amicizie di cui abbiamo letto nella nostra vita. Questa amicizia è piena di emozioni. E inizia negli anni del liceo quando ogni essere umano sta trasformando il proprio corpo e il proprio animo. Silvia, che è laureata in Filosofia e specializzata in Lettere ha avuto sempre come mito di Elsa Morante e su di lei ha scritto una magnifica tesi: ed effettivamente la sua impronta si sente, mentre per tutto il libro ci tiene sulla corda per sapere come finirà questo rapporto difficile e conturbante.
Sostenuta da una “serie” cliccatissima su Netflix, ne ho letto anche il libro dal titolo “ L’estate in cui imparammo a volare”. Anche qui siamo dentro un sentimento ondivago e insidiato da mille pericoli, fra due ragazze che portano avanti avventurosamente la loro amicizia, che nel libro ha sviluppi diversi dalla serie: non è granché dal punto di vista letterario, ma tutto il pathos rimane e si legge in un fiato. C’é molto sentimento a tinte forti.
Di Maraini non potrei dire altrettanto: il suo “Trio “ è forse il peggior libro di lei che ho letto. E mi ha seccato il fatto che le ricerche avvenute durante la stesura di Marianna Ucria su un’epidemia avvenuta in quell’epoca nella zona, le sia tornata buona per parlarne ora molto opportunamente in un libro messo sul mercato in tempi di covid.
“Fiore di roccia”, un romanzo meraviglioso di Ilaria Tuti. Si svolge nel 1915 durante la Prima Guerra Mondiale in Friuli, al fronte del Pal Piccolo, sulle Alpi Carniche. Se molto è stato scritto sulla Seconda Guerra Mondiale, pochissimo sappiamo dei retroscena della Prima. Men che meno della partecipazione delle donne alle tragedie di montagna. La storia, nella sua severità commossa, è una di quelle storie completamente ignorate che riguardano le donne.
Un gruppo di giovani ragazze, poi chiamate “ Le Portatrici”, salivano ogni notte al fronte per portare ai soldati armi, generi di conforto, biancheria pulita. Salivano con le “scarpetz”, quelle friulane così silenziose da ingannare i cecchini e poi tornavano a valle talvolta con un carico pesante e tragico, quello delle barelle con i corpi dei caduti. Delle vicende segrete di quei tempi poco ci è noto, ma questo libro indimenticabile, commovente e asciutto, non ci permetterà più di ignorarle.
Naturalmente non potevo perdermi “l’ultimo grido”: operazione letteraria forse discutibile. Silvie Le Bon, la figlia adottata di Simone de Beauvoir, ha messo sul mercato un’operina dal titolo ” Le inseparabili” , poco più di una lunga novella, che narra di due quattordicenni negli anni Trenta: si danno del “lei”, si scambiano visite familiari, si vogliono molto bene e i nomi che circolano fra le righe sono quelli di Sartre, Merleau Ponty e Camus. Non serve altro a fare capire l’atmosfera.
L’autrice è stata una mia grande passione, che mi ha spalancato gli occhi sul mondo con le sue ineguagliabili opere, ma devo confessare che ho letto il libro perché ormai vive sugli allori, ma non mi ha emozionato. Come invece mi ha emozionato un libro australiano dal titolo “Il weekend”, di Charlotte Wood, molto celebre nel suo emisfero. La storia narra di tre anziane amiche che si riuniscono in una casa al mare per sistemarla, dopo la morte della quarta amica. Non spaventatevi: se siete impressionabile/i, “testiculis tactis omne maleficium fugatum est”, ma vanno bene anche legno, ferro o un cornetto.
Invece è un’opera sapiente, colta, spiritosissima, con un vecchio cane dalla vescica debole a farla da protagonista. Un revival di tre settantenni dall’animo giovane e spigliato, in cui le dinamiche di una bruciante amicizia si rinfocolano nuovamente, nella pena segreta di capire d’avere perso il perno della loro relazione.
Ebbene, chiudo qui. Ma il mio Kindle palpita di belle storie di donne e di mi trasmette la soddisfazione e l’orgoglio di vivere in questa epoca in cui, dopo tante battaglie, abbiamo conquistato il nostro posto nel mondo.
Sergio dice
Ottima lettura anche se le trame non mi hanno appassionato, a parte Fiore di roccia.