A mio modesto avviso, Emanuel Carrère è il più grande scrittore di Francia. Fra i maschi, sottolineo, perché fra le femmine non ho dubbi che Maylis de Kerangal sia il top. Ma torniamo a Carrère, che ha appena pubblicato con enorme successo “ Yoga” , un libro che è la “summa” di tutta la sua vita e tutta la sua sapienza.
Il titolo attrae sicuramente i seguaci delle dottrine esoteriche: è il racconto molto dettagliato di una sua incursione in una specie di monastero orientale per fare meditazione e cose così, in un momento della vita in cui lui sta sostanzialmente bene, sebbene sia timoroso del fatto che possa approssimarsi un altro periodo orrendo come quello in cui, per una cupissima depressione, era sprofondato in un buco nero.
Il racconto dei giorni di meditazione è fortemente esilarante, perché più che meditare Carrère sbircia quello che fanno gli altri, cosa proibitissima dal guru che gestisce l’operazione. L’ironia pervade tutto il racconto e non permette al lettore di distrarsi o annoiarsi neanche un attimo. È assolutamente proibito guardare, bisogna connettersi solo sulle sensazioni che si provano nella mucosa nasale aspirando ed espirando.
Così come è proibito abbandonare il seminario di Vipassana, cosa che invece lui fa a razzo nel momento in cui giunge da Parigi la notizia dell’attentato di Charlie Hebdo, con la morte di uno dei suoi più cari amici Bernard Maris; a lui il compito di pronunciarne l’elogio funebre. La realtà irrompe bruscamente nel ritiro isolato.
Il distacco dalla meditazione del monastero e il dolore della perdita dell’amico portano l’Io Narrante in uno stato di turbamento emotivo, in cui le coordinate spazio-temporali si intersecano. Ci troviamo quindi in un romanzo che lentamente si trasfigura in autobiografia allo stato puro.
Si inserisce perciò la rievocazione di un’esperienza fatta sull’isola di Leros, dove va come volontario a insegnare inglese a tre giovani rifugiati politici, che diventano protagonisti di storie di grandissima umanità e qui il panorama si allarga come se con l’obiettivo di una cinepresa ci si allontanasse progressivamente e si includesse poco a poco tutta la vita pregressa di Carrère – amori e dolori – e tutte le vicende che l’avevano condotto sull’orlo dell’abisso.
Allora il lettore viene catturato della sua splendida prosa, così intensa, così sincera, che anche le citazioni, da Dostoevsky al Dalai Lama, entrano nel tessuto narrativo con grande leggerezza, realizzando una grande tela esistenziale, che funge da orizzonte sempre più vasto e toccante.
Un po’ si ride, un po’ si piange, un po’ si resta ammaliati dalla naturalezza del suo stile, tipico delle anime belle, che non hanno pietà per se stessi e che non esitano a mettersi a nudo, identificandosi in modo universale con gli aspetti collettivi dell’animo umano.
“Yoga” mette subito in chiaro quello che possiamo aspettarci dalla lettura: un tuffo nell’interiorità dell’autore e nel periodo forse più difficile della sua vita. La sensazione che trasmette è quella che un uomo come lui non riuscirà mai a liberarsi dei suoi demoni, ma anche che non smetterà mai di cercare la luce, l’amore, la rinascita.
Preceduto in Francia dal clamore mediatico suscitato dalla denuncia della ex moglie che non ha gradito essere citata e ha chiesto che fossero eliminati alcuni brani, ” Yoga” sta avendo un buon successo di vendite. Ma certo si tratta di un ben orchestrato marketing. Il libro è una ricerca di equilibrio tra luce e tenebre, un’esperienza umana ricca, un percorso.
Rammentando una delle sue opere più alte – “ Vite che non sono la mia”, questa è proprio la vita di Emmanuel Carrère: trascorsa, in gran parte, a combattere contro quella che gli antichi chiamavano melanconia. Non è dunque il libretto «arguto e accattivante» sullo yoga che Carrère intendeva offrirci, frase che ripete ironicamente molte volte nel testo: ma un’opera di grande spessore che nessuno potrà mai dimenticare.
Sergio dice
Molto accattivante, mi spinge a leggerlol