Wikipedia, solitamente prodiga di informazioni sino all’asfissia, liquida con 32 righette la voce “ Letteratura australiana “ e fa il nome dei dieci scrittori più noti.
Per carità, capisco che i galeotti avessero altre gatte da pelare, ma tant’è. La Poesia è giovane giovane fra i koala.
Comunque gli indigeni stanno recuperando in fretta e dopo il bellissimo “ Il Weekend” che abbiamo letto qualche settimana fa, ora ci troviamo fra le mani un altro libro assai degno, di un tal Dominic Smith, dal titolo “ L’ultimo libro di Sara De Vos.
In un’appassionata intervista, David Malouf, uno dei più importanti scrittori australiani contemporanei, dice che la letteratura del suo Paese non offre ai lettori europei una cultura nuova o esotica come lo sono le letterature africane o dell’India, bensì la loro stessa cultura ma sotto una luce nuova, trasformata dall’essere stata traslata in un luogo diverso. E chi legge percepisce quanto ha davanti come qualcosa che è e al tempo stesso non è europeo. Cioè “il lato nascosto e simultaneo del giorno”, ciò che palpita e vibra nel sonno mentre qui nel nostro emisfero è giorno pieno.
Comunque si comincia a leggere con prudenza, cautamente: si tratta di un’intricata storia di trafugamento di un prezioso quadro dall’attico di Marty, ricchissimo avvocato newyorchese, le cui vicissitudini ci permettono di insinuarci nel ben documentato mondo dei mercanti d’arte e dei loro intrighi.
Il libro si svolge su tre piani temporali: nel ‘58 a Manhattan, nel 1635 ad Amsterdam, nel 2000 a Sydney. Gli altri interpreti della storia sono Sara, la giovane pittrice olandese in un’epoca in cui le donne non avevano una vita facilissima ed Ellie, restauratrice australiana che proprio grazie a quella tela trafugata e alla sua autrice costruisce la sua carriera.
Ho imparato moltissime cose da questa lettura, mi sono trovata dentro una prosa molto raffinata, in una rete di personaggi ben scolpiti, in un dipanarsi di vicende inaspettate. Sin dall’inizio sono rimasta colpita da frasi come “ Le donne munite di cuffie telefoniche sedevano in fila sotto il neon, come violette africane”, oppure “ Gli addetti ai lampioni stavano sostituendo i piccoli serbatoi di petrolio lungo i ponticelli curvi sui canali”, oppure “ Piccoli cedimenti etici”. Insomma praticamente ad ogni pagina, questo Smith ci dimostra che i galeotti si sono riprodotti benissimo.
Questo atteggiamento di sussiego è davvero patetico, ma noi europei ci siamo sempre distinti per crederci i possessori delle Verità Supreme da Pericle in poi, mentre i Maori sono sopravvissuti benissimo anche senza la Logica aristotelica, nel loro paese meraviglioso, dove persino i Fiori di Bach -essendo quella una terra incontaminata dalla violenza delle guerre – hanno una maggiore efficacia di cura.
In sostanza il libro mi è piaciuto molto, tuttavia non posso mancare di segnalare certe lungaggini, certe pagine zeppe di dettagli perfetti, ma sicuramente faticosi. Però “ La Casa della Sapienza ha molte stanze”…Ecclesiaste, mi pare, ma non vorrei fare una figuraccia. Se sbaglio “mi corigerete”,
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