Lacrime? Ma sì, lacrime. Non volevo dirlo, e potrei, volendo, scalare una marcia e dire soltanto occhi lucidi, ma di fatto mi è capitato con questo libro (“ Tre gocce d’acqua” di Valentina D’Urbano alla sua settima opera,) di sentirmi così alla fine. E io sono una dura, una cinica, che dopo una vita di recensioni e scrittura non si fa suggestionare troppo.
L’IO narrante è Celeste, una ragazzina che impariamo a conoscere nell’infanzia e seguiamo per venticinque anni. Non è una bambina come gli altri perché, a causa di una rarissima malattia genetica, le sue ossa sono come se fossero di vetro e si rompono al minimo contatto. Ora, Celeste non ce lo fa pesare, anzi. E neppure lo fa pesare alla sua famiglia, ne parla talvolta come se fosse una banale rinite cronica. Eppure sono tutti allertati, amici e parenti stanno bene attenti a non urtarla, a non farla cadere, ma succede lo stesso e lei inanella operazioni con estrema disinvoltura.
Il contorno è una famiglia allargata: Celeste e Nadir, entrambi un po’ scapestrati, si contendono l’amore di Pietro, il fratello più grande di dieci anni, fratello dell’una da parte di padre e dell’altro da parte di madre. Di questo triangolo acuto il vertice è ovviamente Pietro, mentre i due ragazzini quando si conoscono sono immediatamente posseduti da una gelosia pazzesca, tutti e due proiettati a scalzare il rivale. Per questo che l’odio fra i due diventa un sentimento colloso, magnetico, che li attira e li respinge, che li obbliga a farsi del male ma, nello stesso tempo, a incatenarsi di più uno all’altra.
Con uno stile potente e vibrante la D’urbano ti coinvolge fin nel profondo, lasciandoti identificare con ognuno dei tre protagonisti, tre giovanissime anime, viste fin negli stati inferiori delle loro coscienze, dei loro dolori, dei loro amori, una sequenza infinita e altalenante di moti dell’animo, puri e semplici, senza schermi dietro ai quali difendersi, né da bambini o da adolescenti o da adulti.
Le vicende delle loro vite si manifestano in scene tutte emozionanti: i genitori e gli amici svolgono in modo eccellente i loro ruoli di comprimari non troppo invadenti, avendo in realtà ben poco potere di arginare il flusso dei cuori dei tre ragazzi, le loro rivalità, le loro complicità, i silenzi, gli sguardi, che lasciano a loro volta nella nostra testa, come fossero marchiate, le immagini dei loro stati d’animo.
Sto parlando un po’ in astratto, me ne rendo conto, ma credetemi non voglio assolutamente narrarvi la trama del libro, è troppo avvincente e imprevedibile nella mutevolezza dei sentimenti, nell’effetto che producono su di noi. Voglio lasciarvi scoprire poco alla volta come si cresca dentro, come ci si evolva nell’amore, come le debolezze si trasformino in forze e viceversa.
Vi sentirete sole, alla fine. Turbate per questo abbandono, e penserete alle tre gocce d’acqua con infinita tenerezza, percependo anche gli echi lontani di una guerra.
Ottimo libro, ottima scrittrice. La passione con cui l’ho letto era meritata fino in fondo. E anche quegli occhi lucidi che ho asciugato col dorso della mano, senza farmi vedere da nessuno.
Gloria Biagi dice
Paola sei
forte, sensibile e profonda! Grazie alla tua recensione “ tre gocce d’acqua” mi è diventato più caro. Come mi dispiace di non aver avuto il tempo per scrivere qualcosa con te!
Non lo sai,
ma mi manchi molto. Soprattutto ora che sono tornata a muovermi e a vivere. Ti seguo sempre ciao
Gloria