Per prima cosa, riflessione di genere letterario.
Non mi sono mai resa conto fino in fondo di quanto sotto sotto, adagio adagio, l’autofiction avesse blobbato la letteratura.” Lo scrittore parla di se stesso, si accomoda nel suo romanzo come protagonista. Mescola la propria biografia a ciò che racconta. Si aggira per il libro e rivela gli affari propri senza nessun filtro. Non fa neanche lo sforzo di camuffarsi un po’. È l’autofiction, la letteratura concentrata sul proprio ombelico.
Secondo il libraio Paolo Nicoletti Altimari l’autofiction è la malattia del secolo”. Il termine compare per la prima volta nel ’77 nella quarta di copertina di “Fils”, un romanzo di Serge Doubrovsky, scrittore francese e professore alla New York University. E dilaga come il Covid. Però, non so voi, ma io ne ho preso atto molto lentamente, obtorto collo, un po’ intimorita.
Se l’autore vuole mettersi in gioco, va bene, ma se racconta i fatti degli altri? La figlia di Eskol Nevo gli ha tolto il saluto, come alcuni amici intimi di Emanuel Carrère in “ Vite che non sono la mia”. Cosa diventa il rapporto autore- lettore? Un reciproco inganno?
E’ questo il primo motivo per il quale mi sono messa in allerta leggendo “Tasmania” (titolo stupendo) di Paolo Giordano.
Libro osannato dalla critica e al quale coro non mi sottraggo.
A me, Paolo Giordano ha sempre detto poco. Fin dall’inizio girava voce nell’ambiente che “La solitudine dei numeri primi” fosse stato sei mesi nelle mani degli editor per tirarne fuori qualcosa di valido ed io ero d’accordo. Poi nel successivo, “Divorare il cielo” avevo captato un cambiamento, una crescita, il concretizzarsi di uno stile personale, contestualmente al progressivo diffondersi dei suoi lavori sui quotidiani e ho pensato che il ragazzo stava crescendo. Ora con “Tasmania” ho attraversato una serie di stati d’animo perplessi e densi di dubbi.
Dal momento in cui la narrativa si tuffa in doppio carpiato nell’autofiction, a mio avviso i termini del contratto autore-lettore saltano.
E saltano prima in senso inconscio perché non abbiamo ancora deciso cosa potrebbe essere o non essere vero. O le peripezie di letto in un gioco a quattro con due olandesi, o le foto dei brandelli di pelle cascanti dalle ossa nei ragazzi di Hiroshima e Nagasaky. E allora quella struggente fase finale in cui Giordano dice “scrivo solo di cose che mi fanno piangere”, che sembra mettere la parola fine ai dubbi, non diventa essa stessa un dubbio?
Devo dirlo, a me questo mio omonimo sa tanto di furbastro. Immaginatevi un giovane della Torino Bene, con tanto di laurea in fisica, con quel bel faccino che disturba un po’ immaginare nel coito a quattro, con quella accidia sentimentale che io o moltissime donne che conosco avrebbero mandato all’inferno non una ma cento volte, con quella Curzia così simpatica che vedo bene come simbolo delle ragazze d’oggi, con quel prete così birichino che fa piazza pulita di Dio senza il minimo rimpianto, e poi, uppercut nel duodeno, la bomba atomica.
Sì, la bomba atomica, a settant’anni di distanza quando non interessa piu’ a nessuno: ma lui potrebbe riaprire le danze. Insomma, se ci pensate questo bellissimo libro è il concentrato dei sette peccati capitali.
Dunque, Tasmania. Per pagine e pagine ti aspetti che lui compri il biglietto dell’aereo e invece lui tergiversa, si gingilla, prende tempo, si annoia, e noi con lui, passa mesi a dormire a Parigi…. questo specie di Oblòmov barra Stoner…
Un romanzo sul futuro, hanno scritto, che temiamo e forse desideriamo. Senza fare nessun passo verso l’Isola felice che ha tanta acqua dolce. E ci crogioliamo, fermi sul nostro posto, insensibili alla scienza. Lorenza, una donna dolce e paziente, Novelli, una intelligenza sprecata, Giulio, il più tenero e forse il più’infelice di tutti, che ha quel figlio che il protagonista desidera tanto ma che lui può vedere col contagocce, entrano anche loro a gamba tesa in questa crisi generazionale e planetaria.
Un mondo carico di tensioni, che, ma è solo una mia ipotesi, con quel ritorno in Giappone, con quelle riflessioni che conosciamo così bene sulla energia nucleare e Fermi, sembra voler suggerire che tutti siamo paralizzati, congelati in questo presente deludente, frustrante, in un tempo in cui “gaslighting – termine che designa una forma di manipolazione psicologica – è stata appena nominata «Parola dell’anno 2022».
Quindi, direte, voi? Quindi credo che questo libro ognuno se lo deve leggere in grande solitudine, lasciando inconscio e conscio a duellarsi da soli, al solo clangore delle spade.
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