… Arrivarono tutti alla spicciolata, come affiliati della Carboneria, rasente i muri e guardandosi alle spalle.
Zampettando sulle sue grucce, tutto orgoglioso del fatto che SUO figlio avesse architettato un incontro al vertice, Marco aprì la porta e arrivò persino al tentativo di qualche battuta di spirito “ Ciao Papi, come butta? ” di fronte al viso smorto e poco incline al sorriso del papà e anche con Pietro una manata sulla spalla da amiconi di vecchia data, quando in realtà lo aveva visto solo una volta in vita sua. Tommaso si agitava come il buon genietto della lampada, tutto fiero di essere stato lui l’ideatore di quel raduno di maschi. Con Marco avevano preparato birre e patatine e noci di Macadamia – passione del nonno – e Tommaso aveva intimato “Assolutamente no” quando papà aveva tirato fuori un pochino di erba. Per fortuna si era già sbarazzato della mamma, che, essendo l’ultima giornata della Fashion Week aveva affittato per la sua sfilata l’Acquario ed era fuori dai piedi già da molte ore. Così, quando furono tutti seduti in soggiorno, prese il suo quaderno di aritmetica e disse “ Ho analizzato costi e benefici dell’operazione. Sono di gran lunga superiori i benefici, quindi vi propongo l’Operazione Contrattacco”. Naturalmente aveva analizzato bene su Wikipedia il significato e ogni possibile sinonimo della parola e gli era parso di avere azzeccato alla perfezione quello che voleva convincere gli altri a fare.
Era domenica e quindi onestamente non si poteva impedire alle ragazze di fare la loro ultima performance fra gli indigeni. Così anche Elena dette una mano, consigliando una spilla, un top, delle zeppe, tutta confortata dal fatto di avere passato la notte precedente con sua figlia, che le aveva detto le cose che prima aveva solo pensato, e di avere cercato di farle capire il suo stato d’animo e le sue ragioni. “ Non è necessario che ci si lasci scannandosi”, aveva mormorato pensosa. “ Sarà qualcosa d’inedito, un civilissimo divorzio, di alto profilo, perché papà ed io siamo due persone educate e istruite. Niente coltelli. Solo una spiegazione reciproca, dei patti molto chiari, della comprensione totale”. Ed era finita lì, perché Giulia era cascata dal sonno fra le sue braccia.
L’intento era di partire piuttosto presto l’indomani mattina, quindi le ragazze promisero che sarebbero tornate non oltre le due. Poi si erano guardate con una schiacciatina d’occhi, ripromettendosi UNA sola canna a vicenda per festeggiare quella loro splendida amicizia sulla quale avevano fatto un sacco di progetti. Elena andò a dormire, le ragazze in discoteca, le nonne a fare una passeggiatina commemorativa sul lungolago per l’ultimo gelato della stagione e complottarono senza freni L‘indomani tutte sarebbero tornate alla base e la Topaia sarebbe andata in letargo.
Non è che la mini di Cecilia fosse di ultimissima generazione, di quelle che basta sfiorare un pulsante e l’impianto elettrico viene automaticamente azzerato. No, era la mini della zia, passata alla mamma e infine arrivata a lei, ancora di quelle senza servosterzo. Fu così che, un po’ bevute e un po’ fatte, le ragazze rientrarono in casa sganasciandosi dal ridere, i fari della mini rimasero accesi e la batteria durante la notte si scaricò, perché era anche un po’ vecchiotta.
Quando fu il momento di partire, le nonne con la Volvo, Giulia con Cecilia ed Elena in moto, la mini rantolò e tacque. Elena guardò l’orologio. Non c’era tempo per tirar fuori le pinze e rimettere in moto la mini, allora rapidamente organizzò un piano B.
Disse a Giulia “ Tu prendi il treno, Cecilia verrà con me in azienda, dove c’è la navetta con cui andrà in città. Forza, ragazze”. E fu così che se la squagliarono, separandosi come palle da biliardo. Il traffico era sostenuto perché riaprivano le scuole e la città si era rimessa in movimento. Ma Elena era una che conosceva i trucchi per sgattaiolare nel traffico e puntualmente alle nove entrò nel parcheggio dell’azienda, dove naturalmente Francesco passeggiava fumando nervosamente la prima sigaretta della giornata. Vide arrivare Elena con un’altra persona dietro di lei e si allarmò. Ma subito si tranquillizzò perché vide che era una donna.
Sarebbe difficile cogliere un attimo fuggente, ma c’è chi ha il colpo d’occhio e sa leggere nelle frazioni di secondo. Elena era una di queste persone, magicamente in possesso d’intuizioni sfavillanti, così non perse neppure un istante dell’occhiata che Francesco dette a Cecilia, che si trasformò, come in una sequenza fotografica, da curiosità a sorpresa a compiacimento a rapimento. Cecilia non si accorse di nulla, Elena di tutto, e in un attimo le passò per la testa un film ed ebbe una grande voglia di ridere come una pazza.
Mentre scendevano e Elena pilotava Cecilia alla navetta, Francesco si accodò e s’informò.
“ Ma chi è questa splendida ragazza?” chiese con tono da uomo di mondo.
“ Un’allieva di Luca”, fece Elena con un tono che soltanto noi potremmo definire malizioso e anche un tantino maligno. “ Ricordi? Cecilia. Non sei stato tu per primo a parlamene?” Elena sapeva fare benissimo la stronza.
Francesco allargò gli occhi per guardare meglio, come il lupo di Biancaneve. Cecilia era una fata. E allora le andò quasi addosso, si presentò e disse “ Grande, grandissimo piacere di conoscerla”.
Cecilia lo degnò appena di un’occhiata, guardò il cellulare che aveva sei o sette messaggi e sussurrò un “Mi scusi” concentrandosi sulla lettura. Con Francesco che trotterellava dietro di loro, arrivarono alla navetta, dove la ragazza dette mille baci a Elena, ringraziandola di tutto tutto tutto. Elena la strinse. E le sollevò il mento. “ Ora mi raccomando, seguiamo il piano che abbiamo stabilito”.
“ Figurati. Hai dubbi?”
“Qualcuno”, mormorò Elena pensosa, seguendo la traiettoria dello sguardo di Francesco. “Ma li supereremo. Baci baci”, e la spinse sul pulmino e tornò indietro di buon passo, mentre Francesco la tallonava.
“ Devo dire che tuo marito ha sempre avuto un ottimo gusto”.
“ Piantala, tu. L’ho capito che sei rimasto secco. Certo che sarebbe una gran bella vendetta! Vuoi il suo numero di cellulare?”
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