… La Questura ovviamente non fu addomesticabile come l’ospedale. Non c’erano vecchi amori di gioventù. Ma per lo meno Elena incontrò uno schieramento di avvocati di Francesco, prontamente accorsi per tirare fuori il loro CEO di gattabuia: dissero che per quella notte non c’era niente da fare, ma l’indomani sarebbero scattate tutte le manovre necessarie per liberarlo. Elena chiese invano la possibilità di un colloquio, ma non ci fu verso. Immaginò tutto quello che doveva essere passato per la testa di Francesco in quelle ore ed anche che quel pugno aveva radici remote, anzi remotissime.
Per tutti fu una nottataccia, meno che per Luca che passò di sedativo in sedativo. Quando fu trasportato nella sua stanza, Elena era già lì, pronta ad accoglierlo. Luca la guardò, con aria offesissima.
“ Hai visto, il tuo caro Francesco che cosa ha fatto?” chiese con una voce gutturale e artificiosa.
“ Non è stato per difendere la tua cara Cecilia? ”
“ Mi ha rovinato per sempre, ti rendi conto? ”
“ Non credo. Oggi la chirurgia plastica fa miracoli”.
“ Fai anche la spiritosa? ”
“ Sono molto dispiaciuta, in realtà. Immagino ti faccia un male cane”.
“ Eccome! ” mugolò lui, soddisfatto di avere la sua attenzione. “ Ecco. Pensaci bene un’altra volta prima di fare uno dei tuoi soliti colpi di teatro ”.
Elena finse di non raccogliere. Piuttosto andò subito al sodo. “ Luca, voglio che tu ritiri la denuncia contro Francesco. Voglio che la cosa sia liquidata come una banale rissa fra amici….”
“ Banale, un cazzo!” gridò Luca, facendo accorrere almeno due infermiere. “ Non ti rendi conto della violenza con la quale mi ha aggredito…”
Avrebbero continuato su questo tono, se il medico curante non avesse gentilmente consigliato di non fare eccitare l’operato.
“ Luca ”, ripeté Elena, prima di andarsene e lasciare il passo alla sacra famiglia in coda nel corridoio. “ Se ritiri la denuncia contro Francesco, è possibile che io torni a casa ”.
Lo lasciò con queste parole, che per poco non lo tramortirono. Ma allora lei amava Francesco, si chiese lui sgomento, ricordandosi anche che soltanto pochi giorni prima aveva tessuto le lodi del ricatto “ come sottile strumento pedagogico ”.
Il pensiero di Luca sfiorava l’assurdo. Elena non amava né aveva mai amato Francesco. Ma quello che le importava a quel punto era concludere quella penosa faccenda con il minor danno possibile. Lei pensava anche all’azienda e all’impatto azionario che avrebbe potuto avere se il CEO fosse finito dietro le sbarre. Con questo piccolo ricatto otteneva dunque molti risultati. Per il resto, poi, si sarebbe visto.
Tornò in Questura e ottenne l’incontro con Francesco, che era talmente sgomento e vergognoso che stava con la testa china e non parlava.
“ Quanto a te”, gli disse, “ Se riesco a convincere Luca di ritirare la denuncia, dovrai fare due cose. Assumere assolutamente Cecilia, che non deve essere la vittima delle vostre vendette, e startene alla larga da lei sennò ti dimostrerò che questi vent’anni non sono passati invano e anche io ho fatto molta ginnastica strong. Anch’io ho preso le mie decisioni e bada bene che potrei andarmene per sempre. Sappi che ho nel cassetto tre proposte di lavoro. O voi ragazzi calate le arie e vi mettete al passo senza sbandierare la clava o noi ragazze prenderemo le nostre misure, che non saranno favorevoli a voi ”.
“ E’ tutto nelle mani degli avvocati, tesoro” , banalizzò Francesco.
“ No, caro il mio bel pugile. E’ tutto nelle mani di Luca, ma a lui penso io”.
Era esausta. Mandò una raffica di messaggi e invitò SOLO le donne – anche Cecilia ovviamente, che ormai faceva parte della famiglia – in riunione notturna a casa delle nonne, che si misero a cucinare come forsennate.
Fu una serata indimenticabile. Dopo avere preso Cecilia da parte e averle consigliato di accettare il posto in azienda perché in quel momento l’unica cosa da seguire era il proprio interesse, Elena aggiunse due o tre consigli pratici circa la gestione del fascino di Francesco, che la fecero ridere. Claudia era molto silenziosa, ma si capiva che le trattative con Marco erano in fase di avanzato progresso. Le nonne avevano garantito anche che si stava comportando con classe impareggiabile. In sala da gioco era semplicemente adorato.
“ Come si sta bene! ” disse Giulia a un certo punto. “ Come stiamo bene, senza di loro”.
Elena scosse la testa. “ Sai, tesoro mio, i maschi sono deboli e hanno sempre bisogno di essere un po’ adulati. Sono come bambini, a volte. Ma di loro non possiamo fare a meno, perché li amiamo. Certo, devono essere VERI uomini. Questa è la condizione. Tu, è chiaro che non amassi affatto Pietro, ma quando sarò il momento ti accorgerai che cos’è l’amore. Non sei forse pazza d’amore per tuo padre? O per tuo nipote? E questo è l’unico vero motivo per cui abbiamo bisogno di loro, perché altrimenti potremmo fare tutto da sole, persino i figli, dato che nei prossimi decenni la clonazione farà passi da gigante. Ma vi sembra che sia il caso? ”
Quando suonò il campanello, tutte trasalirono: erano le nove e non aspettavano ospiti. Entrò Tommaso, con aria guardinga.
“ Ho preso il taxi con la mia paghetta”, spiegò cauto, tenendosi a distanza di sicurezza dalle donne, che gli sembravano tutte molto bellicose.
Così si accucciò vicino alla nonna, che non mancò di dirgli “Bella trovata, quella del contrattacco. Proprio geniale”.
“ Beh. Sembrava l’unico modo per smuovere le acque, no?”
“ Ne devi ancora imparare, di strategie, cucciolo”.
“ Così, ti piacciono solo gli uomini deboli?”
“ Al contrario, amo i forti. I VERI uomini. Amo te, dunque….”
Tommaso sorrise, tutto soddisfatto. Quanto gli era mancata, la nonna.
Mentre si predisponevano, tipo Topaia, letti per tutti, lui s’intrufolò in quello della nonna e dopo poco, stretto fra le sua braccia, mormorò “ E adesso, del nonno, cosa ne facciamo?”
“ Prima cosa, il naso nuovo. Poi lo obbligheremo ad amare solo me”.
“Beh. Questa è facile” , fece lui e si appoggiò con la guancia contro il seno della sua giovane e bellissima nonna.
Eh, sì, pensò Elena raddolcita. Non si può proprio vivere senza di loro. Altro che amazzoni.
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