…. Cecilia aspettava, aspettava e aspettava. Ormai da un pezzo sentiva una morsa all’addome, che aveva tutte le caratteristiche di un sintomo di crisi di panico. Nel frattempo aveva visto arrivare di corsa una ragazza con un pesante zaino sulle spalle, con l’aria di essere affamata a tal punto da divorare un’intera porchetta.
Poi aveva visto accostarsi sommessamente una Porsche di colore orrendo e scenderne una bella signora, molto elegante, che perlustrava la zona come il periscopio di un sommergibile con una specie di paura ed era infine entrata nel giardino come se anche per lei fosse un luogo sconosciuto.
Si chiese chi potessero essere tutte quelle persone e come potesse anche solo immaginarsi di fare il suo ingresso in mezzo a quella folla, recitare il discorsetto che aveva imparato a memoria, sotto gli occhi sbalorditi di tutte quelle donne. Le mani le tremavano e stava cominciando a ipotizzare di poter vivere anche senza la tanto sospirata lode. Poi si rivide di fronte gli occhi bassi di Luca mentre le parlava, sopraffatto dalla vergogna e dalla viltà. Fu allora che spalancò di getto la portiera della sua mini verde e si avviò con passo deciso nel giardino.
Dietro la vetrata si scorgevano MOLTE persone che parlavano animatamente, alcune delle quali in piedi, alcune che agitavano mani, alcune che ridevano. Chinò la testa e andò a suonare il campanello.
Poiché Elena ci aveva sempre tenuto alle gerarchie, fu lei ad aprire la porta e a restare abbagliata dalla visione di quella fanciulla preraffaellita che, contro la luce del lampione alle sue spalle, sembrava rifulgere d’oro. Stette un istante zitta, lontana mille miglia dalla verità. Pensò a una nuova villeggiante che ancora non conosceva o a qualche celestiale figlia di un paesano che aveva visto crescere ma non ancora rifulgere.
Esalò un timido “Sì? ”, mentre il profumo della ribollita invadeva ogni spazio e rendeva meno drammatica la situazione.
Cecilia tremava adagio. Elena era così bella. Così bella. Le piacevano quel caschetto nero e quegli acini d’uva che aveva per occhi, il bel naso, la bocca elegante e ben disegnata. Come faceva lo stronzo a tradirla? Come faceva? S’intimidì ulteriormente e sussurrò “ Signora Elena Borsani?”
“ Sì… cara. Mi dica…”
“ Ecco, non è facile. Potrei entrare? ”
“ Ma certo! Si accomodi! Lei è…”
“ Cecilia…” bisbigliò ancora più adagio.
Lì per lì Elena non rammentò immediatamente il gossip di Francesco, ma poiché aveva un quoziente intelligenza di 152, d’improvviso le esplose il nome nella mente e si ritrasse con un rinculo simile al contraccolpo di un fucile automatico.
“Entri” , disse con la voce che avrebbe voluto essere decisa ma che invece si ammorbidiva di consonante in vocale. Turbata dallo splendore della ragazza, non fu capace di pensare ad altro che a chiederle “ Gradirebbe una ciotola di ribollita?”
Cecilia sgranò gli occhi e anche lei, sotto l’influsso di un immane sconcerto, cercò di cogliere di quelle parole soltanto l’espressione invitante, gentile e confusa di Elena e si affrettò a dire “Oh, sì! L’adoro”.
Le tre nonne si guardarono sgomente, perché loro la ribollita l’avevano preparata per tre e non per sette, così si alzarono contemporaneamente e se la filarono al grande frigo e ne estrassero prosciutti-salami-formaggi di ogni genere, frutta e dolci in quantità, non senza avere fatto prima tutte e tre contemporaneamente l’offerta della PROPRIA ribollita alla bella ragazza spaurita, che non avevano la minima idea di chi fosse, ma l’ospite, si sa, è sacro, soprattutto per le persone di una generazione precedente alla nostra.
Cecilia, momentaneamente distratta dai tre piatti di ribollita che le erano stati perentoriamente piazzati davanti, ebbe per un istante un risveglio di coscienza e ritenne di non potere neppure fissare quel ben di Dio senza prima espletare al proprio dovere. Così, seduta accanto ad Elena che la fissava ancora sbalordita, incrociò i due indici sulle labbra e disse con voce tenerissima “ Le GIURO che fra me e suo marito non c’è assolutamente niente. Niente, le dico!!”
Nel silenzio generale che seguì questa dichiarazione, Giulia sbatté con forza inaudita una mano sul tavolo, scattò in piedi e tutta esultante urlò in direzione di sua madre “ Hai visto?! Hai visto!!”
Elena spalancò appena un po’ la bocca e pensò “ Che fesso. Si è fatto scappare la più bella delle sue prede”. Ma ebbe il buon gusto di tacere.
“ Mangi, cara”, mormorò lentamente, “ La ribollita va mangiata ben calda”.
Cecilia sospirò e pensò ancora a quanto Luca fosse un vero insetto. Come poteva tradire una donna così? Ma anche lei tacque e, poiché la morsa all’addome si faceva sempre più forte, si lanciò sulla zuppa – una a caso – e mise a tacere i borbottii del suo stomaco. Dopo tre o quattro cucchiaiate, però, consapevole di dovere ancora parlare del ricatto, scoppiò improvvisamente in lacrime, mentre tutte cercarono in tasche e borse dei fazzolettini da porgerle. Ci arrivò per prima Claudia, che ne aveva sempre qualcuno in tasca, essendo moglie di un frignone per natura.
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