Luca non sta più nella pelle perché non ha notizie di Cecilia da giorni. Mentre di consuma di ansia, Elena sta cercando con ogni mezzo di liberarsi dell’assedio di Francesco. Ma, peggio ancora, anche Claudia ha un grosso problema di coscienza.
… Luca, la schiena rivolta all’anfiteatro nel quale erano sedute almeno una settantina di persone, ha scarabocchiato svogliatamente una serie di formule sulla lavagna magnetica e le sta spiegando.
“ Diremo che un algoritmo è corretto se il suo valore di output soddisfa una determinata condizione per ogni istanza di input che …” Poi si volta per l’ennesima volta verso suoi studenti. No, non c’è.
È inutile continuare a cercare, lei non c’è. Non ha mai perso una sua lezione, figuriamoci adesso che deve dare l’ultimo esame. Non c’è. Pensa “ Che la vista mi stia cedendo? Minaccia di cecità? Forse il parroco della Topaia quando eravamo ragazzi, la risposta pronta ce l’aveva, ma quelli erano altri tempi. La vista sta cedendo perché ormai sono un uomo finito”.
Si cerca ogni genere di attenuante per trovare consolazione alla sua ansia. Dove mai può essere, Cecilia? Cosa mai può esserle successo? Al cellulare scatta subito la segretaria, a casa anche. Dove mai può essere. Tossisce. Tossisce. Tossisce.
Quella maledetta aria condizionata dell’ospedale. Lo sa, sì, lo sa, che l’aria condizionata lo uccide. E anche in Facoltà si era fatto promotore di un’ondata gigantesca di risparmi se avessero abbassato di tre gradi l’aria condizionata nelle aule, in mensa e nei laboratori. Ma la sua crociata aveva vagolato per mesi da un ufficio all’altro e tutto era rimasto immutato, anche perché, si sa, era stata un’estate talmente calda che figuriamoci se qualcuno accettava di avere tre gradi in più.
Maledetto mondo moderno. Vent’anni fa sopportavamo il caldo senza presidi tecnici di alcun tipo. Lo sopportavamo e basta. No, che vista e vista, lei non c’é e lui sta morendo di fifa. Chissà cosa può avere combinato.
Poi, dato che la Vita, da grandissima stronza, dopo averti consumato di angoscia e corroso di attesa, fa un ghignetto soddisfatto e delle immediate concessioni, arrivarono due sms contemporanei. Uno era dell’agenzia dell’amico di Giulia, che gli aveva trovato “esattamente” la casa che lui desiderava e l’altra di Cecilia, che laconicamente annunciava “ Missione compiuta”. Dovette interrompere la lezione a correre a fare pipì.
Nello stesso momento Elena stava facendo dolcemente accomodare Francesco davanti a sé, mormorando “Adesso ti spiego una cosa…”, con una calma squisita, come se Francesco fosse un reduce dall’Afghanistan con tutti i sintomi postraumatici classici e lei una psicologa abituata a trattare i peggio casi. “ La scienza dice, tesoro, che il rifiuto porta a una sorta di dipendenza, che sviluppiamo assuefazione a quello che immaginiamo potrebbe essere ma non è stato… capisci? E ci si crogiola un po’ dentro il rifiuto emotivo, quasi ricordasse altri rifiuti infantili che…”
“ La pianti? Dove vuoi arrivare? “ chiese lui, agitandosi sulla sedia. A lui bastava guardarla per avere un’impennata di adrenalina da farlo schiantare.
“ Desiderare qualcuno che non ci desidera ci rende ostaggio di una passione totalizzante della quale, tutto sommato, non sappiamo fare a meno”.
Non funzionava, l’aveva intuito subito. Neppure l’approccio scientifico attaccava e riusciva a fare sbollire Francesco. Elena si chiese se forse non avrebbe dovuto fare un colpo di mano e cambiare azienda, senza dirgli nulla. Un taglio netto di bisturi e via. Pochi secondi le bastarono per rendersi conto che con Linkedin non sarebbe mai potuta scomparire in nessuna parte del mondo. Cosa si poteva fare per Francesco? COSA?
Claudia osservava Giulia e Cecilia che facevano colazione. Lei, massimo uno yogurt 0,01. Aveva la tendenza a ingrassare come sua madre e forse era tutta colpa della tiroide, mentre le due ragazze stavano spalmando burro, miele e marmellata su fettone di focaccia locale che le nonne erano andate a comprare di primissimo mattino: e avevano davanti un tazzone di latte e cereali e un piatto di uova al bacon profumatissimo. Una montagna di pancakes e fiumi di sciroppo d’acero. E ancora si guardavano intorno come se cercassero altre forme di sostentamento.
Beata gioventù, sospirò fra sé, lei che avendo ventiquattro anni, si sentiva ormai donna molto vissuta. Per non dire già in declino, per non dire vecchia. Scosse la testa e smise di guardare quelle due che si abbuffavano senza ritegno.
Provò per un nanosecondo a immaginare se non fosse stata disattenta quando alla festa di compleanno di quella cretina della sua compagna di banco, lei e Marco, entrambi vergini, non avessero deciso di sbarazzarsi di quello scomodo impaccio della verginità e, nella totale insipienza, avessero concepito Tommaso. Provò a immaginare una vita diversa, che non la facesse sentire così “vissuta “ a soli ventiquattro anni.
Guardò ancora una volta l’ora: erano solo le otto, ma di certo non poteva arrivare troppo tardi in ospedale e sfigurare rispetto a Elena. Tenendo anche presente che Marco non se ne era reso conto, ma l’autore del lancio del tubo era stata lei. Inoltre non sapeva bene fino a che punto lui avesse intuito che Michel le stava addosso ABITUALMENTE, perché lei spesso si faceva consolare con un abbraccio molto, molto prolungato, del fatto di avere un marito depresso.
Luca non sta più nella pelle perché non ha notizie di Cecilia da giorni. Mentre di consuma di ansia, Elena sta cercando con ogni mezzo di liberarsi dell’assedio di Francesco. Ma, peggio ancora, anche Claudia ha un grosso problema di coscienza.
DICIANNOVESIMA GIORNATA
… Luca, la schiena rivolta all’anfiteatro nel quale erano sedute almeno una settantina di persone, ha scarabocchiato svogliatamente una serie di formule sulla lavagna magnetica e le sta spiegando.
“ Diremo che un algoritmo è corretto se il suo valore di output soddisfa una determinata condizione per ogni istanza di input che …” Poi si volta per l’ennesima volta verso suoi studenti. No, non c’è.
È inutile continuare a cercare, lei non c’è. Non ha mai perso una sua lezione, figuriamoci adesso che deve dare l’ultimo esame. Non c’è. Pensa “ Che la vista mi stia cedendo? Minaccia di cecità? Forse il parroco della Topaia quando eravamo ragazzi, la risposta pronta ce l’aveva, ma quelli erano altri tempi. La vista sta cedendo perché ormai sono un uomo finito”.
Si cerca ogni genere di attenuante per trovare consolazione alla sua ansia. Dove mai può essere, Cecilia? Cosa mai può esserle successo? Al cellulare scatta subito la segretaria, a casa anche. Dove mai può essere. Tossisce. Tossisce. Tossisce.
Quella maledetta aria condizionata dell’ospedale. Lo sa, sì, lo sa, che l’aria condizionata lo uccide. E anche in Facoltà si era fatto promotore di un’ondata gigantesca di risparmi se avessero abbassato di tre gradi l’aria condizionata nelle aule, in mensa e nei laboratori. Ma la sua crociata aveva vagolato per mesi da un ufficio all’altro e tutto era rimasto immutato, anche perché, si sa, era stata un’estate talmente calda che figuriamoci se qualcuno accettava di avere tre gradi in più.
Maledetto mondo moderno. Vent’anni fa sopportavamo il caldo senza presidi tecnici di alcun tipo. Lo sopportavamo e basta. No, che vista e vista, lei non c’é e lui sta morendo di fifa. Chissà cosa può avere combinato.
Poi, dato che la Vita, da grandissima stronza, dopo averti consumato di angoscia e corroso di attesa, fa un ghignetto soddisfatto e delle immediate concessioni, arrivarono due sms contemporanei. Uno era dell’agenzia dell’amico di Giulia, che gli aveva trovato “esattamente” la casa che lui desiderava e l’altra di Cecilia, che laconicamente annunciava “Missione compiuta”. Dovette interrompere la lezione a correre a fare pipì.
Nello stesso momento Elena stava facendo dolcemente accomodare Francesco davanti a sé, mormorando “Adesso ti spiego una cosa…”, con una calma squisita, come se Francesco fosse un reduce dall’Afghanistan con tutti i sintomi postraumatici classici e lei una psicologa abituata a trattare i peggio casi. “ La scienza dice, tesoro, che il rifiuto porta a una sorta di dipendenza, che sviluppiamo assuefazione a quello che immaginiamo potrebbe essere ma non è stato… capisci? E ci si crogiola un po’ dentro il rifiuto emotivo, quasi ricordasse altri rifiuti infantili che…”
“ La pianti? Dove vuoi arrivare? “ chiese lui, agitandosi sulla sedia. A lui bastava guardarla per avere un’impennata di adrenalina da farlo schiantare.
“ Desiderare qualcuno che non ci desidera ci rende ostaggio di una passione totalizzante della quale, tutto sommato, non sappiamo fare a meno”.
Non funzionava, l’aveva intuito subito. Neppure l’approccio scientifico attaccava e riusciva a fare sbollire Francesco. Elena si chiese se forse non avrebbe dovuto fare un colpo di mano e cambiare azienda, senza dirgli nulla. Un taglio netto di bisturi e via. Pochi secondi le bastarono per rendersi conto che con Linkedin non sarebbe mai potuta scomparire in nessuna parte del mondo. Cosa si poteva fare per Francesco? COSA?
Claudia osservava Giulia e Cecilia che facevano colazione. Lei, massimo uno yogurt 0,01. Aveva la tendenza a ingrassare come sua madre e forse era tutta colpa della tiroide, mentre le due ragazze stavano spalmando burro, miele e marmellata su fettone di focaccia locale che le nonne erano andate a comprare di primissimo mattino: e avevano davanti un tazzone di latte e cereali e un piatto di uova al bacon profumatissimo. Una montagna di pancakes e fiumi di sciroppo d’acero. E ancora si guardavano intorno come se cercassero altre forme di sostentamento.
Beata gioventù, sospirò fra sé, lei che avendo ventiquattro anni, si sentiva ormai donna molto vissuta. Per non dire già in declino, per non dire vecchia. Scosse la testa e smise di guardare quelle due che si abboffavano senza ritegno.
Provò per un nanosecondo a immaginare se non fosse stata disattenta quando alla festa di compleanno di quella cretina della sua compagna di banco, lei e Marco, entrambi vergini, non avessero deciso di sbarazzarsi di quello scomodo impaccio e nella totale insipienza avessero concepito Tommaso. Provò a immaginare una vita diversa, che non la facesse sentire così “vissuta “ a soli ventiquattro anni.
Guardò ancora una volta l’ora: erano solo le otto, ma di certo non poteva arrivare troppo tardi in ospedale e sfigurare rispetto a Elena. Tenendo anche presente che Marco non se ne era reso conto, ma l’autore del lancio del tubo era stata lei. Inoltre non sapeva bene fino a che punto lui avesse intuito che Michel le stava addosso ABITUALMENTE, perché lei spesso si faceva consolare con un abbraccio molto, molto prolungato, del fatto di avere un marito depresso.
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