Un paio di anni fa, durante la stesura del mio penultimo libro Nonnità ho chiesto ai miei nipoti, che allora avevano 13 e 15 anni, di darmi una mano. Cosa ricordavano della loro infanzia? Qualche prodezza speciale che potessi raccontare, qualche avventura indimenticabile che fosse rimasta loro impressa nella mente? Silenzio generale. Niente, nonna.
Messi alle corde, lavorati ai fianchi con pressione suadente e piccoli ricatti, poco alla volta hanno blandamente biascicato pallide allusioni all’apprendimento del ping pong, degli scacchi, del poker da parte della nonna, oltre che a una segretissima iniziazione alla guida sul sentiero della casa di campagna. Ancora più pressati hanno ricordato i leggendari grattacieli con eliporto in Lego o gli audaci templi greci con i Kapla. Ma senza costrizioni, per loro, i ricordi non esistevano.
A quale età cominciamo ad avere ricordi? E soprattutto, sono ricordi reali o fittizi?
Sono ricordi indotti dalla memoria altrui? La mia è da elefante, eppure lo strano è che non ho ricordi prima dei sette anni e invidio da morire quelli che li hanno addirittura della vita prenatale: immagino che uno psicoanalista si fregherebbe le mani. Ebbene? Si fa sempre più consistente il dubbio che i nostri ricordi siano costruzioni o proiezioni della nostra fantasia e siamo colmi di nostalgia per le belle /brutte cose che ci vengono narrate.
Penso che una vera messe di ricordi cominci con i vent’anni, quando ci poniamo domande già col sapore dei bilanci esistenziali, allo scadere del secondo decennio, nel passaggio dalle scuole superiori all’università o a mondo del lavoro, quando si cominciano a delineare le scelte, i bivi, il destino.
Ma i VERI ricordi, posto che i neuroni siano intatti, cominciano nella tarda maturità. Chiamiamo così affettuosamente la terza/quarta età, quando le attività si fanno meno pressanti e incombenti, quando ci prodighiamo per riempire gli spazi lasciati vuoti dal lavoro o dalla perdita di persone amate. Allora sì che, come ALIENI, subentrano i ricordi! Un po’ fantasmatici come un coro greco, un po’ amici/nemici, che vengono ad abitare, con sempre crescente intento di OCCUPARE, la nostra mente o il cuore, o tutti e due. E ci sono più cose dentro la nostra testa che fuori, ha detto qualcuno. Scrive Musil nell’Uomo senza qualità: di solito i ricordi invecchiano insieme con l’uomo e gli episodi più appassionati acquistano col tempo una prospettiva ridicola. Come se fossero visti in fondo a una fila di novantanove porte spalancate.
Belli o brutti, i ricordi. Quali prevalgono in te? E soprattutto quali sono veri e quali sono falsi?
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