Ho la vaga sensazione che queste pagine siano diventate una location fra il confessionale e il lettino dello psicanalista.
A giudicare dai vostri commenti qui sul Blog o sulla pagina Facebook (tutti di alto livello e profondità), alle riflessioni/provocazioni che vi lancio, a questo gioco ci state e in fondo, lo ammetto, era l’obiettivo auspicato. Io spiattello una colpa o una virtù e mi accorgo che con grande naturalezza vi contagio dello stesso impulso. Perfetto. Perché oggi voglio parlare di orgoglio, cioè di quello che viene considerato, pur non essendo ufficialmente nella lista canonica, il peggiore dei vizi capitali. SUPERBIA,GOLA, INVIDIA, ACCIDIA, LUSSURIA, IRA, AVARIZIA. No, come vedete, non è in lista. Eppure sembra che Lucifero se ne sia macchiato in un momento inopportuno.
Io però sono più incline a sentirmi piena d’orgoglio nel senso francese.
La parola orgueil è assai diversa dal nostro orgoglio, generalmente deprecato in ogni sua manifestazione: perché oltralpe l’orgueil è fierezza. Sui dizionari francesi si dice: Fierté, sentiment noble inspiré par une juste confiance, l’estime légitime de soi ou des autres. Orgueil maternel, national; noble, respectable orgueil. «Sentiment justifié de sa dignité» (CORNEILLE), Le Cid. “Sachez et dites à vos troupes que toute la France vous regarde et que vous êtes son orgueil “(DE GAULLE,).
E non è incongruente fare questi riferimenti perché l’etimo di orgoglio viene proprio dal franco “urgoli”, e dal tedesco antico urgol “notevole”. Ma d’improvviso piombiamo nel baratro, con Agostino d’Ippona: “È stato l’orgoglio che ha trasformato gli angeli in diavoli. E’ l’umiltà che rende gli uomini uguali agli angeli.” E con Nietzsche “E l’uomo, nel suo orgoglio, creò Dio a sua immagine e somiglianza”. “L’orgoglio si collega all’opinione che abbiamo di noi stessi, la vanità è ciò che desidereremmo fosse l’altrui opinione”, dice Jane Austen e mentre Simone de Beauvoir sembra averne una pessima opinione. “Orgoglio imbecille. Tutte le donne si credono diverse; tutte pensano che certe cose, a loro, non possono succedere. E si sbagliano tutte.”
Per me in sostanza il sostantivo “orgoglio” descrive un sentimento di felicità che deriva dall’aver raggiunto qualcosa. Quando si fa un buon lavoro o si conclude un compito difficile, se ne prova orgoglio, no? Certo il rischio consiste nella trappola di un’eccessiva autostima, che spesso slitta verso superbia e altezzosità. L’orgoglio, in ultima analisi, potrebbe fare riferimento alla nostra dignità, oppure alla difficoltà di dover ammettere di aver bisogno di aiuto. Ed effettivamente io faccio una fatica enorme a chiedere aiuto.
La psicologia ha fatto salti carpiati per insinuarsi nelle pieghe del Suddetto e ha innestato la differenza di genere, perché nei testi più accreditati troviamo due diversi tipi di orgoglio, quello femminile e quello maschile. In amore, l’orgoglio di un maschio sta nel non ammettere di aver sbagliato, non scusarsi mai, dimenticarsi di essere in due e comportarsi sempre pensando solo a se stesso. Invece l’orgoglio femminile è diverso e viene dal sentirsi ignorate o offese per qualche gesto noncurante dell’altro. Quante volte abbiamo provato questo impeto, questo impulso alla ribellione. Altro che perdono! Il problema delle persone orgogliose è che non rivelano quello che sentono, per paura di soffrire. Si tengono tutto dentro e soffrono da pazzi, ovviamente. Inghiotti il tuo orgoglio ogni tanto, non fa ingrassare, ha detto un anonimo simpaticissimo.
Che si riferisca in senso francese all’amor proprio, alla dignità e alla fierezza, o in negativo alla presunzione e alla superbia, l’orgoglio è un sentimento che fa parte della nostra natura e credo di conoscere una percentuale considerevole di orgogliosi e una percentuale irrisoria di persone umili.
L’orgoglio deriva da un obiettivo raggiunto, che se ne frega proprio dell’approvazione altrui. È un’approvazione duramente conquistata che concediamo a noi stessi. Oggi tuttavia questa parola è stata così svilita da essere utilizzata soltanto per descrivere persone che non vogliono far parte del gregge.
“Ogni male viene dall’orgoglio” ha detto Gandhi, che era un mite pieno di coraggio. La prima versione dell’orgoglio è necessaria per farci sentire sicuri, condurre una vita equilibrata e apprezzarci al punto giusto. La seconda ci pone al di sopra del mondo e genera conflitti infiniti. Naturalmente l’uscita dai confini legittimi ci fa sentire dei supermen incapaci di riconoscere i propri errori e di rimediarvi. Ed è a questo punto che l’orgoglio si trasforma davvero in uno dei cosiddetti sette peccati capitali e diventa superbia.
Ed è qui che ancora una volta ci viene in soccorso l’etimologia, così preziosa per capire a fondo le parole. Super. Un sentimento di superiorità ci porta a vantarci delle nostre qualità e idee e a disprezzare quelle altrui.
L’aspetto comico è che la superbia denota un complesso d’inferiorità, da cui nasce la prepotenza con cui vogliamo dimostrare di avere sempre ragione. Intolleranti, che non sono capaci di cambiare perché credono di sapere già fare tutto perfettamente. A questo punto provo uno sconvolgente senso di colpa per avere spifferato il mio orgoglio. Anche se lo vivo nel senso francese, che intimamente sento corrisponda di più al mio modo di essere. Ed è allora che chiedo il vostro soccorso. Sbaglio? La mia è soltanto superbia oppure fierezza? Cosa provate voi ? Ho bisogno assoluto di un sano ceffone o di un antidepressivo? Sono destinata senza esitazioni al Decimo Canto dell’Inferno?
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