Si parlava di recente con alcune amiche dei club di lettura di come – dopo anni di banalità – fosse emersa una nuova generazione di giovani scrittrici di grande spessore: alludo a nomi come Avallone, Tuti, Auci, Di Pietrantoni, che sono entrate a gamba tesa in un panorama editoriale modesto e letargico, in cui si rieditava Scerbanenco o Simenon – per carità, chapeau – per colmare lacune troppo vaste.
Il lockdown poi sembra davvero che abbia fatto scoprire la lettura agli italiani, come se prima fosse stata una specie di oggetto misterioso, per cui in questo momento assistiamo con vero entusiasmo all’apparizione di nuove firme. Ma per me ce n’è una che ultimamente mi ha stregato e che ho avuto la sensazione di avere scoperto da sola, finché non sono cominciate ad apparire piccole segnalazioni di “ Menzione Speciale della Giuria Premio Calvino 2020”.
Alludo ad un libro specialissimo: “Il Valore Affettivo” di Nicoletta Verna, che inserisco svettante fra i nomi succitati. Già il titolo è magnifico.
E’ un libro così intelligente e conturbante che l’ho letto due volte e alla fine della seconda lettura ho provato un forte disagio all’idea di abbandonare al suo destino Bianca, l’Io narrante, una donna di splendide fattezze, che ci racconta con un’abilità fuori dal comune – su tre piani spazio/temporali- che cosa è successo nella sua vita.
Tutte le vite in genere forniscono materiale da romanzo, questa però è qualcosa di davvero stupefacente. Ma ciò che mi ha commosso e profondamente turbato è stata la capacità di Nicoletta Verna di presentare un materiale scottante, ad altissimo livello di drammaticità, con un humour che talvolta ti obbliga alla risata a scena aperta, ti sorprende mentre sei tutto avvinto alla storia di una famiglia spezzata. L’evento è definito tout court “ la disgrazia” – scritto sempre in corsivo, e talvolta non sfugge al lettore che si passi dall’ironia al sarcasmo.
Per usare il massimo della sintesi per una storia così particolare e macchinosa, dirò soltanto che la morte della sorellina maggiore scava nell’animo di Bianca un irreparabile senso di colpa: che la famiglia si disintegra e che un sollievo si senta soltanto quando Bianca incontra Carlo, uno dei più bravi cardiochirurghi al mondo, e lo trasformi da oggetto del desiderio nell’obiettivo segreto di fare risorgere Stella, la sorellina adorata.
Perché in lui riscontra la stessa solare capacità di Stella che “era l’unica della famiglia a manifestare i suoi sentimenti ed erano per lo più sentimenti positivi e per questo lei e la sua felicità ci erano tanto indispensabili”.
Il romanzo è costellato di lunghe scene avvincenti ed inaspettate, rese palpitanti dalla schiettezza dei personaggi: valgano per tutte l’episodio del norcino o il matrimonio di Liliana, personaggio fondamentale del romanzo l’amica handicappata di Stella, da lei idolatrata, sempre sferzante, egoista e tagliente.
E nello svolgersi della trama sino all’inimmaginabile finale, vi sono degli esilaranti scorci del lavoro di Bianca, che sbobina interviste dei “focus group” e ci svela – dato che l’autrice è una consulente di marketing – i gustosi retroscena dei rapporti col Target.
Aumenta progressivamente la tensione e il fondersi del lettore con la protagonista, che vuole apparire anaffettiva e ferocemente determinata, quando tutto il suo amore è già stato risucchiato – anche l’odio, perché no?- Ci sono stati anche momenti di odio, che si sciolgono come cubetti di ghiaccio alla scoperta della verità.
Data la particolarità della trama non vorrei dirvi altro, per lasciarvi la possibilità di gestire da sole le incalzanti sorprese, ma sono certa che tutte vi porrete una fatidica domanda, per una particolarità che sembrerebbe collocare Bianca nella sfera degli psicotici: alludo al suo rapporto con i rifiuti, che separa, analizza, cataloga, vuoi mentalmente che oggettivamente.
Nicoletta Verna ne parla con grande finezza, con la sua prosa personalissima, con il suo stile senza incertezze, aggirando il ritmo magnetico che ci ha travolto nel percorso di redenzione di Bianca. Vi lascio alle sue parole, provenienti da una bella intervista dell’autrice pubblicata sul “Venerdì” di Repubblica.
“Quando ho pensato a un disturbo compulsivo che caratterizzasse la protagonista mi sono chiesta: qual è la sua più grande paura? È la perdita. Da quando ha perso Stella, Bianca è assillata dell’idea della perdita, così ho iniziato a pensare a un’ossessione legata alle cose perse per sempre: ovvero i rifiuti. Bianca si sbarazza delle cose, ma lo fa con metodo, le viviseziona, le cataloga, perché in questo modo si illude di poterne controllare l’irreversibilità. E, nel fare questo, ancora una volta sovverte la normale direzione dei sentimenti e dell’attenzione: solo agli oggetti perduti, agli scarti finali del mondo dell’abbondanza, Bianca sa e può rivolgere quell’empatia negata, per disciplina autoimposta, agli esseri umani”.
Due cenni di biografia dell’autrice, che soprannominerei “ La nostra Sally Rooney ”. Nicoletta Verna è nata a Forlì, ma vive a Firenze, dove si occupa di comunicazione e web marketing nel settore editoriale. E’ autrice da saggi e di volumi su media e cultura di massa e ha insegnato Teorie e tecniche della comunicazione presso diversi atenei e istituti italiani. Siamo di fronte al suo primo romanzo, che credo lascerà il segno.
Alla vicenda di questa bellissima donna dilaniata dal suo dolore segreto, che sembra non sentire più nulla e non provare più nulla, che divide il mondo esattamente come fa con i rifiuti, non possiamo restare indifferenti: a questa sofferenza narrata con ironia sottile e impietosa, a questo stile colto e raffinato, a questa trama imprevedibile. Un libro per fini intenditori e persone di massima sensibilità. Da tenere nel primo ripiano della libreria a portata di mano.
Sergii dice
La recensione mi ha intrigato, leggero’ il libro con occhio critico ma non prevenuto
Ho la sensazione che mi piacera’