Di recente ho avuto un serio bisticcio con Dio, perché gli avevo chiesto un grosso favore, ma non mi ha filato neanche di striscio. Così mi sono un po’ offesa, dopo decenni che mi arrampico sugli specchi per essere graziata da un filo di fede e non ho mai perso né la speranza né la carità.
Dai tempi del liceo, durante la lettura dei Promessi Sposi, quando ho saputo che Manzoni entrando nella cattedrale di Notre Dame di Parigi era caduto in ginocchio, folgorato dalla Grazia, sono morta d’invidia e ho aspettato tutto questo tempo lo stesso trattamento, per poi capire che con la faccenda della Grazia del tuo libero arbitrio puoi anche farne a meno.
Così, dopo i bimbi morti negli tsunami, le mille tragedie che punteggiano il nostro quotidiano, ho capito che forse ha ragione chi dice che Dio o vuole e non può o può e non vuole o non vuole né può. Mi è molto più simpatico Suo figlio, un bel ragazzo pieno di ardore e di coraggio, per non parlare della madre di Suo figlio, specie quando indossa la fusciacca azzurra sulla pancia.
Di buona volontà ce ne ho messa tanta: sono stata un singolare caso di praticante non credente, cercando tenacemente di trovare quello sguardo di segreta felicità che hanno i credenti e che suscita una certa irritazione e una corroborante invidia. Ma alla fine mi sono arresa per una sciocchezza, che però è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Se l’impresa è così fallimentare che si lotta a fare? Se dipende tutto da Lui, perché devo sprecarmi invano? Per amor del cielo – mi sono detta – tirati su, datti una spolveratina e ricomincia da capo. Ma non è aria.
Ora la domenica mi sembra di avere un sacco di tempo libero, almeno un paio di ore in più in cui cazzeggio, ed invece che domeniche mi sembrano tutte feste laiche, tipo il Primo Maggio o il Due Giugno. Sono piena di dubbi e di risentimenti. Tu come te la cavi?
Elisabetta dice
E ti pare una domanda da poco? Tu butti lì la domanda delle domande, a cui ben pochi sanno rispondere con verità non di facciata ma di consapevolezza, di vera fede.
Io, personalmente, ondeggio tra frustrazione (ma che lotto a fare) e semi-serenità (è impossibile che tutto si esaurisca nella nostra finitezza. Sono io incapace di vedere “oltre”). Ma del resto di quasi tutto nella mia vita fu, é, e sarà, colpa mia. Forse devo ripartire da qui.
Clara dice
Sono stata sempre una”tiepida”credente e una “tiepidissima” praticante, anzi per un lungo periodo non ho praticato proprio per niente. Poi verso i 45/50 anni, dopo essermi macerata nei tormenti del”ma allora se tutto finisce niente ha un senso” in quel momento mi son resa conto che bisogna assolutamente credere che ci sia un ordine prestabilito, che tutto ha un fine e un senso perché solo così il mondo acquista una logica intrinseca. È un discorso di comodo? Non lo so, ma come per incanto è scomparso quel terrore della morte, della fine assoluta (o meglio è rimasta la normale paura di morire, ma quella penso che sia connaturata alla nostra natura di umani). È balzata fuori anche una timida risposta alla eterna domanda: che ci faccio io qui?Quale è il mio compito? È quello di essere io, qui, ora.
paola foti dice
elisabetta, non esagerare. non è mai tutta colpa nostra. c’è sempre un’inesauribile serie di concause e di interferenze subdole al nostro libero arbitrio. e comunque mi sembra molto plausibile che tutto si esaurisca nella nostra finitezza: non ti sembra abbastanza lunga?
paola foti dice
gentile clara, vedo che sei una tormentata per natura. mi piaci molto così. si chiama anche . il tuo compito mi pare molto stimolante, senza che si cerchino fughe ultraterrene. non abbiamo già giornate pienissime? quanto alla Morte è obbligatorio pensarla come Socrate. ricordi, no? se ci sono io non c’è la morte e se non ci sono, chi se ne frega?
paola foti dice
..è partito il commento cancellandomi una frase fondamentale …<>!!!!!
paola foti dice
forse al blog non piacciono le virgolette. proviamo così:si chiama anche farsi seghe mentali. oppure c’è un grande fratello che elimina le frasi un po’ volgari. speriamo di no.
Elisabetta dice
Per Clara: mi fa riflettere la frase finale del tuo commento e cioè “il mio compito è quello di essere io, qui, e ora. ” In fondo, cosa possiamo fare di più di fronte ad un inevitabile destino comune , che essere noi stessi, con le limitatezze che la natura ci ha dato che, nelle sue variabili, costituiscono la parte più onesta e vera di noi? Se permetti, farò mio questo concetto, mi perdonerò un po’ di più , mi vorrò un po’ più bene , perché, in fondo, sono semplicemente un essere umano. Ciao e grazie.
Elisabetta dice
Cara Paola, é proprio giusto pensarla come Socrate e cioè ” se ci sono io non c’è la morte e se io non ci sono chi se ne frega? ” permettimi di dire che questa visione della morte mi è sempre sembrata un po’ cinica perché la nostra morte non riguarda solo noi, a meno che non siamo eremiti, ma tutto il mondo di affetti molto forti, che hanno costituito le fondamenta della nostra vita e per i quali, in buona parte, abbiamo vissuto.
La nostra morte non è solo un fatto individuale, ma un lutto della nostra piccola collettività , che ne soffrirà come forse tutte noi abbiamo vissuto i lutti dei nostri cari. E questo , per me, è un altro aspetto tragico della morte: il dolore degli altri. Questo argomento mi sta molto a cuore, vorrei sapere cosa ne pensate voi due ( tu e Clara)e chiunque capiti su questo blog e voglia dare il suo parere.
paola foti dice
Fantastico! Ho creato un’amicizia!! ora Clara ed Elisabetta sono legate per sempre. Lo sapete che è stato uno dei compiti fondamentali della mia vita? Creare amicizia. Per me e per gli altri. Qui, sul blog, intensificherò questa attività.
Quanto alla Morte, Elisabetta, giustissimo ciò che dici. Ma chi ci sopravvive saprà anche metabolizzare la nostra perdita. Lo abbiamo fatto anche noi tante volte, visto che l’esistenza non è una passeggiata nei Campi Elisi. E poi cominciamo a pensare che tutti sono utili, ma nessuno è indispensabile. Cinismo? Forse. Ma è una polizza scudo!
Clara dice
Dopo le nostre dotte elucubrazioni l’argomento poteva sembrarmi quasi concluso( anche se questi sono problemoni da Convegni Internazionali sullo Spirito) ma due giorni fa un caro e vecchissimo amico di mio marito fin dalle scuole medie si è sentito male. Una cosa abbastanza naturale, penserete: l età, le magagne della salute, ormai altri amici e conoscenti se ne sono già andati….. Ma no! Questa volta è stato diverso. Forse perché con questa persona e con la moglie abbiamo condiviso migliaia di esperienze (vacanze, viaggi, crescita di figli e nipoti, problemi e decessi di genitori…) beh!, insomma mi si è parata davanti la Fine, l ultima Fermata. Mi sono resa conto che da un momento all altro può calare il sipario sul rapporto con questa persona. E allora? mi si può dire, non ci avevi mai pensato? Si, certo… A livello razionale, logico. Ma ora che la possibilità è qui, concreta e realistica mi ha lasciata senza fiato. Mentre Laura, la moglie, mi parlava al telefono io non respiravo, faticavo a capire le parole, mi sentivo solamente davanti a un vuoto.
Potreste anche pensare che ho “allungato la vita” a questo amico come si suol dire nei casi in cui si immagina il peggio per qualcuno che poi sta meglio. Ma chi sta peggio questa volta sono io.
Clara dice
Non so se quanto sto scrivendo sia frutto di una botta di adrenalina rinforzata che il mio neurone mentale ha misteriosamente ricevuto (d’altra parte siamo pur sempre nel campo dei misteri dello “spirito”… Santo o meno che sia). Comunque, tornando alle iperuraniche domande sul senso, sul significato, sul tutto e contrario di tutto della nostra esistenza…. Insomma… Guarda un po’ in quali versi, già noti e sviscerati, mi sono imbattuta oggi!
Wistawa Szymborska (meritava il Nobel solo per riuscire a portarsi addosso questo cognome così difficile) scrive :
Una vita all’istante.
Spettacolo senza prove.
….
Non conosco la parte che recito.
So solo che è la mia, non mutabile.
Il soggetto della piece
va indovinato direttamente in scena.
……
E qualunque cosa io faccia,
si mutera’ per sempre in ciò che ho fatto.
Magari sono preda di uno sturbo senile di megalomania , ma ho la pur vaga impressione che quei versi diano una aulica dignità a quanto detto in precedenza.
paola foti dice
l’ho voluto io, non posso che ammetterlo. ho gettato il sasso nello stagno e ora vedo i cerchi che si allargano così tanto da non riuscire a coglierne più il contorno. ma non mi tiro certo indietro anzi affilo le lame del duello. ma è un duello? mi chiedo. non pensi che proprio questi malinconici versi siano la riprova che siamo qui, canne al vento per dirla con deledda o canne pensanti per dirla con pascal, e che non ci sia il grande fratello che ha scritto il copione? è uno spettacolo senza prove, non sappiamo neppure bene la nostra parte, la storia si dipanerà a nostra insaputa e ciò che facciamo è così effimero da passare rapidamente dal tempo presente al tempo passato prossimo. scusate se è poco. permane solo il dubbio su quel “non mutabile” e ci rifletteremo ancora.
la morte del tuo amico ti ha buttato giù, questo è palese anche perché se c’è una cosa che ho appreso a mie spese è che non si è mai preparati alla morte. è sempre una folgore che ti sbatte a terra e ti sbruciacchia un po’ le parti più esposte. dunque si potrebbe concludere che se non c’è un copione non c’è un destino e che se non c’è un destino non c’è Dio. voglio comunque tirarmi su di morale pensando a un bel quadro visto in un viaggio nell’Egeo in cui c’era il volto della Madre del Figlio. un bel visetto di ragazza, semplice e gentile. lei sì, è indubbio che ci fosse, come il suo ragazzo. beh, consoliamoci con loro. Meglio che niente. Il dolore della perdita si sfuma ad una lentezza da era geologica, questo si sa, e solo perché interviene l’istinto di sopravvivenza, non credo dipenda da altro. dunque cara Clara non piangere. ricorda le dolcezze del vissuto e guardati attorno cercando di <>. è qualcosa che ho letto in un libro di Johanna Trollope e buon sangue non mente. Mi è sempre servita un casino per risorgere. Vivaddio.
paola foti dice
accidenti. fra le virgolette c’era scritto conta le tue fortune. cado sempre nella stessa trappola
Antonella dice
decisamente un argomento difficile, la ricerca dell’infinito per sopportare il nostro finito è lunga, laboriosa, fruttuosa o infruttuosa a seconda del turbinio del nostro sentire, ho scelto l’infinito così ho sfruttato il mio libero arbitrio, i miei dialoghi con Dio sono personalissimi e molto probabilmente non condivisi dalla struttura ecclesiastica, certo ringrazio sempre per l’opportunità che mi è stata data di vivere
paola foti dice
bene Antonella, vedo che definisci il vivere una opportunità. Pavese invece discettava sul male di vivere. comunque lo si veda, e suppongo sia strettamente correlato alle fortune del momento, vivere è sempre un’impresa epica, che compiamo da soli o in compagnia. è tutto dovuto alla nostra visione del mondo fisico e metafisico.
resto sorpresa piuttosto, considerando la gamma, non vastissima ma abbastanza nutrita, di argomenti di conversazione che ho finora proposto ai miei lettori, come questo su Dio sia il più frequentato. Stanotte non ci dormirò, per darmi una risposta e per non farmi risucchiare nel vortice dei dubbi. anzi del Dubbio per eccellenza. Gente, perché abbiamo un così disperato bisogno di Lui? Perché ci sentiamo così piccoli, così poveri? Non bastano le immense riserve di sensazioni e possibilità e miserie che ci circondano a darci il nostro bel daffare? evidentemente no.
Abbiamo bisogno di crederci immortali. Credo che sia questa la chiave. E procura una inquietudine di non poco conto.
Clara dice
La carognata che ci ha/hanno fatto è proprio questa: renderci capaci di percepire la nostra finitezza e nello stesso tempo avere l ansia/bisogno/aspirazione(….) verso l infinità.
La metafisica di cui sopra è una categoria ineliminabile dello spirito, diceva quel buon uomo di Kant quando era sobrio. Se l ha detto lui che non aveva altro a cui pensare tutto il giorno…!
E la dice lunga il fatto che tra gli avvincenti argomenti proposti dalla nostra Sovrana Lettrice tutte le grafomani si siano buttate a tuffo carpiato sulla Regina delle Domande, il Perché? dei Perché.
Ma non sarà anche perché (appunto) sentiamo l orologio che sta vertiginosamente andando avanti e la carica sta inevitabilmente
per esaurirsi?
paola foti dice
beh, carognata dici. magari è un grande regalo. darci le ali per soddisfare il nostro eterno bisogno di volare. col pensiero è già molto, moltissimo, dato che la fine di icaro ci è bastata. dici che kant era un alcolista? beh, mi molli un colpo sotto la cintura, perchè ne conoscevo la puntualità, così precisa che i negozianti della zona regolavano gli orologi ogni volta che lui usciva, ma non mi risultava che si prendesse dei cicchetti. sai sono sempre stata rapita dall’iscrizione sulla sua tomba che dice -non metto le virgolette perchè al blog non piace- che dice la legge morale dentro di me, il cielo stellato sopra di me. e questo vuol dire che in cielo ci sono solo le stelle. però nell’anima abbiamo incisi degli imperativi categorici. come egon schele è il mio prediletto nella storia della pittura, kant è il mio vate nella storia della filosofia e ho sempre seguito le sue orme. adesso farò ricerche sulla sua sobrietà, però mi sono accorta ad una festa recente che bere due o tre bicchieri di ottimo bianco fermo mi rende così allegra e pronta a ballare sui tavoli che dopotutto qualche cicchetto non fa male e mette in moto la mente.
tornando a noi e al ticchettio del tuo orologio, credo proprio che sia una fantasia da giorno di pioggia. io penso al libero arbitrio da quando avevo tredici anni e me ne arrovello oltre naturalmente a spasimare per marlon brando. voglio dire che i quesiti metafisici e le domande senza risposta sono nel nostro dna. sursum corda Clara carissima. hai tanto tempo davanti a te, non lo sprecare in cupezze. ciao ciao
Ellinor dice
Mamma mia come mi sento vecchia e superata
paola foti dice
ma perché, ellinor? spiegamelo bene