Neanche lo avessimo fatto apposta. Invece no, la scelta del libro mensile del Club delle nostre Menti Aperte è stata fatta in tempi non sospetti, quando delle stragi della guerra ancora non avevamo sentito parlare. E abbiamo letto “Stupore” l’ultimo magnifico libro di Zeruya Shalev, con commozione crescente, con gli occhi un po’ umidi, siamo state irretite da questa storia, mentre prima di cena avevamo guardato i video in tv. QUEI video.
E, come rondini, siamo poi stati colti inermi in quelle rotte migratorie, sentendo man mano il respiro farsi pesante, e, come chi è costretto su una ferrata in montagna a seguire quella catena, anche noi abbiamo guardato giù, giù, giù, nell’animo umano di quello che è spesso stato chiamato il popolo eletto. Forse avrebbe preferito non esserlo magari, se l’elezione è costata tanto.
Ora, Israele rinnova la sua storia, il GRANDE MALE anch’esso sempre rinnovato affonda coltelli e missili dentro il suo popolo, mentre i nemici codardi si nascondono dietro i poveri palestinesi di cui sembrano rimaste le macerie, le stesse macerie che per un anno abbiamo visto sulle strade di Kiev. Il Grande Male esplode, incurante delle suppliche del Papa, delle madri e dei padri di quei ragazzi del rave nel deserto, il rancore è nuovamente lievitato ed è esploso e a non ci restano che lacrime, mentre gli ebrei sono sempre lì a duellare con i loro infiniti sensi di colpa.
Così conosciamo due donne, davvero molto speciali, Atara, architetto cinquantenne, che dopo una complessa vita sentimentale, si mette a cercare la prima moglie di un padre morto poco tempo prima, il cui matrimonio con Rachel, ormai novantenne, era stato a dir poco un mistero in tempi in cui giovani incandescenti della Resistenza al nemico inglese, infiammati dalla ideologia e da una determinazione ferrea, non sognavano altro che liberare la propria terra. E seguiamo Manu, il capo carismatico del gruppo, che scompare in una situazione ambigua. E Atara, sempre un po’ maltrattata dal padre, ora che il famoso scienziato non c’è più, sente prepotente il desiderio di saperne di più e in quel tormento classico che prende i figli dopo la morte dei genitori, a volerne sapere di più, a cercarne delle attenuanti perché non sono stati amati o non hanno amato, si mette alla ricerca della sua compagna e quasi con ostinata determinazione ottiene che Rachel cominci a offrire delle spiegazioni.
Lo stile e il talento di Zeruya ci erano noti, ma la profondità dell’introspezione che c’è in questo libro è di gran lunga superiore ai precedenti, perchè Zeruya, donna bellissima di cui abbiamo visto il video in rete, inizia a martellare con un ritmo quasi ossessivo, su alcuni dettagli e alcuni segreti, sullo stupore di certe sfumature che ci coinvolge lasciandoci senza fiato. Qui l’animo ebraico è davvero sviscerato in quel vortici di tormenti e di felicità, qui la storia di Israele si fa singolare e collettiva, mentre Atara indaga e fruga nella soffitta dei ricordi, e Rachel, tutta acciaccata e artritica trova quasi una consolazione alla sua attuale impotenza nel fare risorgere dall’abisso della sua memoria i tempi gloriosi e dolorosi della sua drammatica gioventù.
Ma non si può evitare a questo punto di precisare che gli uomini, che in questo libro, hanno un enorme potenziale, dallo scienziato scomparso, ad Alex, il marito di Atara, delizioso e polemico, dal figlio di questa coppia che s’imbuca in un tormentoso apprendistato fra i più ardui dell’ Esercito e della Marina, dal figlio sefardita di Rachel, a quello riluttante e scorbutico, una cornice davvero indimenticabile di personaggi,degno contorno dell’incontro fra Atara e Rachel. Qualcuno ha scritto che” gli amici sono l’invidia degli angeli”, e più che mai in questo libro si capisce l’amicizia, il desiderio di sostegno, lo scambio di forze, l’improvvisa scoperta di un’anima affine, l’urgenza con cui, dopo un inizio burrascoso, le due donne, durante un funerale di estrema grandezza, si rifugiano fra le braccia l’una dell’altra e tentano disperatamente di sopravvivere.
Ma sì, non posso farci niente, forse dipende, come mi sembra di avervi già detto, dalla mia lettura infantile di Anna Franck, ma sono sempre stata sedotta dalle vicende del mondo israelita. Questo libro è così dolce e cattivo, forte e debole, ironico e triste, un libro potente e che non passerà facilmente nel dimenticatoio. Buona vita Atara, buona vita Rachel, donne che possiedono la stessa identica forza e l’indomito coraggio di personaggi biblici.
Renata Annabke dice
Grande Paola, il tuo commento che condivido parola per parola, possiede una forza biblica …