Mi sei scoppiato dentro al cuore, all’improvviso, Javier Marias. All’improvviso…..
Fin da quando ho letto l’incipit del primo dei suoi quindici libri ( oltre a innumerevoli articoli e conferenze) è stato amore a prima vista, poi lo scoppio è diventato d’ira, nell’apprendere che un paio di anni fa, lo stramaledetto virus lo aveva portato via, e, mentre tutti gli altri pennivendoli da strapazzo godevano eccellente salute, il mondo veniva privato di una mente fra le più geniali di questo secolo. Non escludo di avere versato qualche lacrimuccia, come quando scompare un caro amico o un tuo idolo.
L’ho conosciuto di persona, Marias, gli ho stretto la mano e sorriso alle sue battute, al Piccolo, dove il Corsera premiava come libro dell’anno Berta Isla, e lui, simpatico, fascinoso, autoironico, spiegava di non vederne le ragioni, che il libro era brutto o comunque non il suo prediletto. Alla domanda successiva sapevo già che avrebbe detto “ Il tuo volto, domani ”(leggi teschio), ovvero una trilogia davvero ardua che esigeva dai suoi fan un free climbing fra periodi di venti righe senza punteggiatura.
E’ uno – oddio, era – uomo di grande appeal e noi lettori innamorati speriamo che gli editori vadano a raschiare anche l’ultimo fondo di cassetto. Tutto per trovare un’altra delle sue battute. Così, se il compito del mese con le mie compagne di lettura delle Menti Aperte, è stato “ Un cuore così bianco”, nessuno più felice di me per avere la scusa di riprendere in mano i suoi libri e RILEGGERE un’opera letta nel ’17 e poi, con rinnovato ardore, approfittando dell’indolenza festiva, anche Domani nella battaglia pensa a me, La nera schiena del tempo”, Berta Isla, Tom Nevinson. Come è noto urbi et orbi, i suoi titoli sono tutti di genesi shakespeariana e vengono usati molte e molte volte all’interno della narrazione come fossero una sorta di coro greco in sottofondo.
Poi mi sono fermata perché rischiavo un’overdose, che oltre a tutto mi avrebbe reso incapace di passare ad altri libri e ad altri autori.
Perché la mente di Marias aveva una sua struttura molto particolare, basata sulla sottile capacità di conservare e riprendere parole e temi particolarmente significativi e di inserirli in contesti differenti che ne sottolineavano lo spessore universale. La sua ricchezza di lessico e di conoscenze è davvero vastissima e sorge il dubbio, sapendo qualche dettaglio della sua vita, ( era stato “lettore” a Oxford) che gran parte dei soggetti svolti fossero autobiografici e dunque lui stesso fosse quell’agente segreto che si ritrova in quasi tutte le opere, dal momento in cui diventato uno studente oxoniense fu cooptato dai servizi segreti del M16. Allora era assai frequente nella Guerra Fredda acciuffare giovani uomini colti con talenti speciali e servirsene come spie. Ma il possibile connubio è del tutto ininfluente: lui ci risucchia nel vortice della sua storia e non ci molla più sino a quando si sia esaurito il bandolo della matassa.
Della trama, non uso solitamente dire granché e del resto è già stato fatto un esauriente riassunto da un’altra diligente MA. Volendo tuttavia srotolarne una short version, direi che la chiave di volta del Cuore così bianco è il SEGRETO, di cui il protagonista giovane sposo viene istruito con determinazione dal padre – del quale s’intrecciano le vicende di ben tre mogli morte- sul fatto che si debba sempre e comunque tenerlo stretto. I segreti NON si rivelano. I segreti si tengono sino alla morte. I segreti sono la cosa più comune e diffusa al mondo, il trait-d’union degli esseri umani, tutti ne hanno e il testo è punteggiato dai mille piccoli segreti che si disvelano senza disvelarsi e che comunque compongono un disegno simile ai piccoli tratti dei pittori puntinisti, dalle cui opere bisogna allontanarsi molto per scorgerne la visione completa e comprenderne, come in ogni scritto di Marias, le spericolate svolte, l’obiettivo finale. Amore e morte, certo, quelle sempre, ma anche ripescate da testi di profilo nobilissimo come un Macbeth.
Dopo avere compiuto qualche indispensabile peripezia per entrare in sintonia con la “musica” delle sue parole, il che non sempre è agevole, ma quando ormai per esperienza avviene con facilità, hai la sensazione di avere in mano la chiave dei segreti del mondo. Inclusi i tuoi.
Degli altri libri riletti, tutti con sempre maggiore passione, non posso dire altro che me li sono bevuti, ormai in simbiosi spirituale totale, aderendo alla sua visione del mondo, sebbene faticosa, un po’ pessimista e cinica, ma di un realismo sconvolgente.
Unica discrepanza insignificante l’ho trovata nelle sue postfazioni, in cui dice, ripete, ribadisce – in sicuri scontri con alcuni dei suoi lettori che sembrano voler duellare con lui vantandosi di avere indovinato il finale e che lui mette al tappeto con un paio di knock out ironici, – ribadisce, si diceva, che quando si mette alla tastiera non ha la minima idea del plot che si evolverà, di come agiranno i suoi personaggi o di cosa diranno. Ne sono rimasta dubbiosa e perplessa perché so perfettamente che ogni scrittore ha un suo “mondo parallelo” di cui il prossimo non ha alcun mezzo per sviscerarne la profondità, ma che i retropensieri captano, anche senza averne coscienza, quale sarà il possibile compito delle sue creazioni. O almeno credo che per la maggior parte degli autori ci sia un colpo di starter virtuale, che fa entrare in azione, incalza e sospinge, specie quelle di un sapiente come lui, che ogni tanto fa una piroetta su Beckett, usa la incomparabile triade di aggettivi di Proust e si esalta del grande amore per i classici inglesi come Dickens o Trollope, lasciando depositare sul fondo il suo unico grande talento. E’ dunque, per conoscere veramente questo talento, entrare in sintonia, come se fosse il violino solista che poi risucchia l’ orchestra, ma non però il Pifferaio Magico, perché la RAGIONE è sempre al centro delle opere di questo grande autore. Non so se l’avete capito, ma Marias è nel mio cuore.
Suppongo non sarà sgradito al nostro professore Letterio Gerli essere affiancato a un simile nome, per annunciare l’uscita del suo quarto libro – il penultimo della serie -. Il nostro professore nello scorrere del tempo si è superspecializzato e dagli iniziali Aperitivi con l’Arte ha fatto il primo gradino per lanciarsi poi in conferenze e visite ai musei, libri di agevole e pratica lettura, aggregando le conoscenze che quotidianamente offre ai suoi fedeli seguaci, come in una sorta di feuilleton ottocentesco. Il testo dal titolo “ L’Arte raccontata”, che in copertina reca l’immagine della celeberrima dama con l’ermellino, racconta quanto l’arte sia essenziale nella nostra visione del mondo, essendo” – uso parole sue – “una forma di espressione universale che ha accompagnato l’uomo dalla sua nascita”. Questo libro è una finissima sintesi di un lungo processo evolutivo che affonda le sue radici nel contesto storico. Ed è per questo che Erio ha avuto la brillante idea di offrire quotidianamente “una fetta della torta”, ai suoi social, avvincendoci così in modo irreversibile in un processo psicologico e sociologico che si è sviluppato nel corso del tempo. E’ la penultima parte di una trilogia dedicata alle arti figurative e al loro connubio con differenti forme espressive e non meno importanti come la musica e la letteratura, arricchito da molte belle immagini, che sono preziosa testimonianza delle parole: questo libro è una carrellata panoramica che, da Alessandro Magno all’amatissimo Sorolla, si sviluppa abbracciandosi con la filosofia dell’epoca e con i mezzi più attuali di comunicazione. Un libro che va letto non dimenticando che il professore e il suo nutrito gruppo di follower compie anche numerose incursioni extra moenia, accompagnando i fedeli alle mostre contemporanee, durante le quali scorrendo nei secoli offre un quadro generale e divulgativo di tutto il nostro patrimonio artistico. Complimenti carissimo Amico, continua così.
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