Un’amica mi ha detto che David Grossman scrive alternativamente libri stupendi e libri orrendi. Sulle prime sono rimasta perplessa, ma poi ho pensato che, sebbene un po’ tranchant, il giudizio dell’amica fosse più che azzeccato. Però non vi dirò QUALE sia la categoria de “La vita gioca con me”, lascerò che ognuno di voi colga di questa storia tormentata e al tempo stesso spiritosa, il succo che preferisce.
Nessuno può dimenticare la grandezza di Grossman dopo avere letto “ A un cerbiatto somiglia il mio amore”, indimenticabile racconto di due genitori israeliani che hanno perso un figlio in guerra. E la guerra attraversa come un fil rouge anche quest’ultima opera del Nostro, ma una guerra ben diversa da quella che siamo abituati a leggere sui libri ebraici. Questa è una guerra speciale, speciale anche nella sua efferatezza, anche se non so davvero quale guerra non sia efferata.
Grossman racconta che questa storia è stata messa nelle sua mani dalla protagonista, ed è una storia vera, che lascia il segno. In forma liberamente romanzata, questa è la storia di Eva Pani? Nahir, una donna conosciuta e stimata in Jugoslavia, che era stata internata nell’isola di Goli Otok, uno dei gulag di Tito. Molto profonda era l’amicizia fra Eva e David ed è stata proprio lei a volere che l’amico la rendesse pubblica. E così Grossman ha ricostruito due potentissimi personaggi nelle figure della madre Vera e della figlia Nina, madre a sua volta di Ghili, che è l’Io narrante della storia, regista di un film voluto da tutti loro e soprattutto da Rafi, il figliastro di Vera, che ha amato appassionatamente e inutilmente Nina e ne ha avuto una figlia.
La storia inizia con la festa della novantenne Vera, che ha anche segnato il ritorno di Nina dal Polo Nord, dove è fuggita per sottrarsi alla madre e al grande, straziante dilemma della sua vita: cioè il motivo per il quale la madre l’ha abbandonata a sei anni. L’intreccio dei rapporti fra queste persone è descritto con la solita verve ebraica, piena di brillanti intuizioni e di capacità di cogliere nel dramma il lato umano ed ironico.
In queste tre generazioni vibra una massa di segreti così grandi da stordire. Perché Vera ha abbandonato Nina? Perché Nina ha abbandonato Ghili a suo padre Rafi, scappando in cima al mondo, fra i ghiacci artici? I segreti ardono dalla voglia di essere scoperti e in tutto il libro c’è la costante attesa della famosa resa dei conti. Quando Vera compie 90 anni, il kibbutz intero la esalta e le manifesta il proprio amore e persino Nina sembra commuoversi, anche se sentiamo in ogni nostra fibra che è lì per pretendere, non per offrire.
Perché lei non ha mai accettato che la madre l’avesse lasciata sola per non tradire la memoria dell’amatissimo marito Milos, accusato ingiustamente da Tito di alto tradimento. Tra il marito e la figlia, Vera ha scelto ha scelto il marito, pur vivendo la disumana detenzione dal campo di rieducazione di Goli Otok, che si diceva – testimonianza di chi era stato in entrambi – fosse peggio di Auschwitz. E a Goli, Vera aveva subito per due anni e mezzo inimmaginabili sevizie senza mai cedere, mentre Nina covava un risentimento infinito, accettando poi l’amore smisurato di Rafi, ma senza tuttavia essere minimamente ricompensata del suo straziante senso abbandonico. Nina, così facendo, ha creato un’altra infelice, un’altra bambina che non ha fatto che contare i giorni di assenza di quella madre strana, inafferrabile, disposta a comparire solo a sprazzi.
Così ora la sopraddetta resa dei conti incombe e il piccolo gruppo decide di fare un viaggio per girare un documentario sui luoghi dove Vera ha passato la sua propria odissea. In un vortice di emozioni Grossman ce la racconta dettagliatamente ed emerge un amore che supera ogni confine, ogni barriera. Un amore eterno e indissolubile. Questo intenso romanzo è dunque narrato dalla nipote Ghili, una donna ormai prossima alla quarantina, che ci racconta della sua famiglia molto particolare attraverso quaderni scritti a mano su cui annota ricordi, idee, intuizioni, pensieri.
E quando Nina ancora una volta mostra la sua fragilità, trova forse troppo tardi la propria salvezza spirituale nel viaggio che li porterà a ricercare le loro origini e l’origine del loro legame così carico di risentimento, segreti inconfessabili e amarezza. Un romanzo coinvolgente, che tratta i temi della memoria e che ci fa riflettere sulla natura imperitura dei legami familiari, che ormai sembra davvero di potere dire senza timore di essere smentiti, rimangano la priorità indissolubile della nostra tumultuosa umanità.
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