Ai tempi beati in cui si seguiva tutta intera la Stagione del Piccolo, era rimasto fra i tanti, memorabile, un monologo di Moni Ovadia sulla “Yiddish mom”, che gli era riuscita abbastanza facile paragonare alle nostre attaccaticce mamme mediterranee, anch’esse grandi consumatrici di Xanax. Perché è proprio su una mamma israeliana che si disserta nell’ultimo libro di Ayelet Gundar-Goshen, già autrice degli ottimi “Una volta soltanto, Markovith” e di “Svegliare i leoni”.
Ora l’aspettavamo alla terza prova, che, a mio modesto parere, supera di molto le due precedenti e consacra Ayelet come una delle esponenti di spicco della nuova generazione di autori ebraici.“Dove si nasconde il lupo ( traduzione di Raffaella Scardi) è la vicenda della israeliana Lilach, trasferitasi col figlio tredicenne Adam in California per seguire suo marito a Palo Alto, ma soprattutto per sganciarsi dalla angosciosa vita di Tel Avil ,sempre in allarme rosso, e al riparo da attentati e rancori ossessivi.
Sebbene con qualche riserva, Lilach qui ha tutto, anche se ha lasciato una cattedra all’università. Ma la piscina, il successo, l’impegno nel volontariato, la deliziosa sensazione di vivere in pace, anche se lontana dall’amatissima madre e dalle loro famiglie non bastano affatto.
Ecco che il libro si apre con un attentato alla sinagoga. Morti e feriti fanno piombare la piccola comunità ebraica nello sgomento, privando Lilach e la sua famiglia di quel senso di sicurezza che avevano acquisito negli anni, insinuando in tutti il tarlo del sospetto ma soprattutto creando nella madre un’ansia angosciosa per il figlio Adam, che poche settimane dopo si trova a una festa dove muore Jamal, un ragazzo nero per – si dice – infarto.
Da questo momento in poi il libro diventa un thriller psicologico ad alta tensione, alla ricerca ossessiva della verità, in un contesto in cui nessuno è veramente innocente o veramente colpevole. Ma la domanda che Ayelet si pone in un’intervista in cui spiega il nocciolo della vicenda, è se e come una madre sia in grado di proteggere suo figlio dall’essere oggetto del Male, ma anche, e soprattutto, dall’esserne soggetto.
E a questo punto entra in scena un deus ex machina, un uomo di nome Uri, che ingloba i ragazzi del liceo in un corso di difesa personale ed entra a poco a poco nella famiglia Shuster, diventando soprattutto per Adam un mito. Nessuno in realtà sa veramente in che cosa consista quel corso e si sussurra che Uri sia un ex agente del Mossad, mentre scritte infamanti appaiono sui muri del liceo contro Adam e gli ebrei. In breve, un attacco di antisemitismo?
Era giusto lasciare Israele per gli Stati Uniti?
I valori della famiglia sono stati rispettati, o si è complici di vicende difficili da decifrare? L’ambiguità diventa sovrana e Lilach comincia a indagare dovunque, smascherando apparenze e menzogne, doppiogiochismo e intrighi, mentre da Israele le famiglie invocano il ritorno in patria di Lilach, ormai diventata preda di un’ansia incontenibile, che la rende sempre più fragile ed ipersensibile, di Adam che si fa sempre più misterioso, di suo padre Michael, che crea un rapporto di grande legame con Uri, ex commilitone, nel difficile tentativo di trovare il lupo che spesso si nasconde in ciascuno di noi, anche lontano dal pianeta Israele.
Nel mondo dorato della Silicon Valley, bianchi contro afroamericani, ma afroamericani musulmani contro ebrei e israeliani.
Naturalmente non posso dirvi cosa succede da questo momento in poi, ma sono certa che non vi deluderà. Come un pittore trae dalla sua tavolozza mille frammenti di colore e di forme, anche qui i personaggi di contorno sono molti e ben delineati. Al primo posto metto senza esitazione la madre di Jamal, con le sue sottili dita che suonano silenziosamente nel vuoto.
I colpi di scena non finiscono con il libro, rimangono aperti misteri insondabili, che fanno parte del livello più segreto della nostra anima. Ayelet Gundar-Goshen costruisce il suo nuovo romanzo intorno alla paura, la paura del futuro, la paura dell’altro, ma anche la paura di chi ti sta più vicino e può rivelarsi estraneo, il lupo nella tua casa.
Psicologa clinica, redattrice, sceneggiatrice e attivista del movimento per i diritti civili, Ayelet è un’autrice che dimostra come il suo stile naturalistico e l’autenticità delle sue trame siano interconnesse a livelli molto profondi con l’ambiguità e l’insicurezza dei tempi in cui viviamo e intendiamo con una feroce tenacia proteggere i nostri figli dagli altri e da loro stessi.
Voglio concludere con le parole dell’autrice che danno forma a un concetto indiscutibile, che esalta ogni tentativo letterario di indagare il nostro Ego.“…. ( …un essere umano) magari impiega una vita a capacitarsi di chi siano stati suo padre e suo madre, e quanto abbiano inciso sul proprio pensiero e poi si accorge che «il più grande mistero non sono i nostri genitori, ma i nostri figli “.
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Letterio Gerli dice
Bravissima Paola Foti. Recensione molto azzeccata e che induce alla riflessione.