… Duole dirlo, ma quando Tommaso seppe che il nonno aveva il setto nasale e la mandibola fratturati, pianse di gioia. Perché fu il primo a capire che fosse quello l’unico stratagemma per stanare la nonna dalla clandestinità.
Così Elena scese dall’Aventino, come suo nipote aveva previsto, non certo perché la raggiunse una telefonata della famiglia sul cellulare ostinatamente spento, ma perché in azienda girò come una folata di vento la notizia che il CEO era in Questura, forse in camera di sicurezza, per avere procurato gravi lesioni personali a un professore del Politecnico. E mettere le mani addosso a qualcuno comporta una reclusione da sei mesi a tre anni.
Elena non aveva mai percorso il viale Forlanini a quella velocità. Probabilmente prese più multe, ma lo avrebbe saputo solo dopo qualche settimana. Quando entrò nel Pronto Soccorso dell’ospedale, si fiondò da un amico chirurgo, che con rapide manovre la mise in contatto col reparto di chirurgia maxillo-facciale che stava occupandosi della faccia di Luca.
Era indispensabile che gli parlasse, pensava Elena ostinatamente, era indispensabile che non denunciasse Francesco. Ma il viso tumefatto di Luca, intravisto attraverso i vetri della sala di rianimazione, le fece capire che non era certo il momento per chiedergli qualcosa. Si sedette in forzata attesa, raggiunta poco alla volta da tutta la famiglia. Nessuno parlava e Tommaso obbligò suo padre a spostarsi per potersi sedere accanto alla nonna. Avvicinarono i volti e lui sussurrò “ Certo, è stata un’idea geniale quella di spegnere il cellulare”.
“ Non è aria, amore. Non rompere ”.
“ E così hai sempre ragione tu”.
“ Che ragione vuoi che abbia. Qui è successo qualcosa di grave. Voi maschi siete rimasti sempre ai tempi della clava”.
“ Francesco aspettava forse da vent’anni di farlo…”
“ E’ possibile. Però ha esagerato, bastava un ceffone…”
Parlavano adagissimo, le teste vicine vicine, mentre gli altri tacevano per sforzarsi di cogliere qualche parola delle loro. Il nervosismo era tanto intenso che ciascuno di loro sembrava uno zolfanello sul punto di essere sfregato. Finché non apparve l’amico dottore ed Elena scattò in piedi.
Le notizie non erano di poco conto. Luca sarebbe entrato in sala operatoria per fare un intervento alla mandibola e al setto nasale. La cosa avrebbe comportato qualche ora. Forse era meglio che loro andassero a casa e tornassero verso sera.
“ Non se ne parla neanche” disse Elena al suo amico, “ Che vuoi che facciamo a casa mentre Luca sta qui sotto i vostri bisturi”.
L’uomo sorrise. Era stato un corteggiatore di Elena in gioventù e fra loro c’era una vera amicizia, senza preoccupazione di fraintendimenti e di equivoci. Le spiegò dolcemente che non era possibile che la famiglia, incluse le nonne che erano arrivate da buone ultime, occupassero il Pronto Soccorso come un centro sociale, così si arresero e decisero di trasferirsi in un bar vicino.
Lì, seduti attorno a un tavolo troppo piccolo, i Borsani litigarono per almeno un’ora, dispensandosi a piene mani sentimenti contrastanti, diversi da quelli che nelle settimane precedenti inclinavano a favore di Elena con una sottintesa complicità: ora che la vittima era Luca le fazioni cambiarono. Nessuno guardava più Elena con una parvenza di simpatia.
Fu così che lei disse, in tono acceso “Ehi, gente! Non è mica colpa mia, sia ben chiaro!”
“ Francesco non doveva aggredire papà!” sibilò Giulia.
“ Papà era disperato, altrimenti non avrebbe provocato Francesco. Quindi, sì, qualche colpa tu ce l’hai, andandotene come te ne sei andata” , mugolò Marco tutto risentito.
Tommaso infilò la sua manina in quella della nonna e la strinse. Disse piano – ma con fermezza – che voleva un gelato di cioccolato grande come una casa. Elena glielo ordinò. E lui si concentrò a lungo, ripulendo il fondo della coppa, mentre tutti avevano abbassato i toni. Claudia aveva l’aria di disapprovare, ma non fiatò. Ognuno ingannò l’attesa come meglio poté.
Quando tornarono in ospedale, nel guardare Luca che aveva sul viso una specie di museruola, tutti pensarono a Hannibal Lecter, ma nessuno lo disse. Era totalmente immobile, sotto l’effetto probabilmente lungo dell’anestesia. Elena lo fissò, tenendo Tommaso, il suo unico sostenitore, per la mano. Lo fissò a lungo e pensò, come le capitava da qualche tempo, alle conseguenze imprevedibili di ogni scelta che facciamo nella vita. Agli incalcolabili gli effetti che produciamo.
Poiché Luca sarebbe rimasto sotto osservazione in sala di rianimazione tutta la notte, la loro presenza era superflua: uscirono con grande mestizia dall’ospedale ed Elena propose una spaghettata a casa. Aggiunse “ Ah, sì, ovviamente la casa in comunione di beni ”.
Fu una serata in cui nessuno ebbe più il coraggio di recriminare, salvo Marco che biascicò “ Lo avevo sempre detto io che Francesco era un idiota”.
Elena saltò in piedi.
“ Oddio, Francesco! Bisogna che vada da lui! Assolutamente!”
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